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di Walter De Stradis

 

 

 

 

Violoncellista di fama nazionale, direttore artistico di Ateneo Musica Basilicata (di cui è socio fondatore) e di Basilicata Circuito Musicale; già nel cda di Lucana Film Commission (ove è stata anche consulente di Area Musica), la potentina Giovanna D’Amato, oltre che dalle docenze e i concerti, è oggi più che mai presa da una lotta che lei definisce “sindacale, in stile Fiat” per i diritti degli operatori lucani del mondo dello spettacolo dal vivo.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Domandona. (sorride) La giustifico con la musica: ricordo che sin da bambina salivo sulla sedia e immaginavo di dirigere una qualche orchestra. Mio padre, persona illuminata, cominciò allora a comprarmi dischi di musica classica, finché non incontrai –casualmente- il violoncello. Quando aprì il Conservatorio a Potenza, il suo primo direttore, Aiello, era primo violoncello del Teatro “San Carlo” di Napoli: per me fa naturale iscrivermi, anche se pensavo che avrei studiato viola, e magari fosse stato così, perché è uno strumento che rende moltissimo! (ride). In breve: mi trovai alle prese con questo strumento, il violoncello, che ancora oggi reputo il più bello del mondo.

d: Posso immaginare l’ironia, tutta potentina, su una ragazzina che sceglie uno strumento così impegnativo, a fronte dei più gettonati chitarra e pianoforte.

r: Non le dico gli epiteti che mi appioppavano per strada, “chitarrone”, “prosciuttone”, di tutto di più. A Potenza il violoncello era un oggetto sconosciuto.

d: Per questo non sarà stato facile fare di una passione un lavoro.

r: Lo studio nella musica è durissimo.

d: Per di più partendo da una piccola realtà come la nostra.

r: Sì, ma in questo c’è un lato positivo. Quando si inaugurò il Conservatorio, non c’erano graduatorie e i docenti furono assunti a chiamata diretta, motivo per cui da qui sono passati i più grandi maestri. Uno su tutti: Petracchi al contrabasso…. Noi che iniziammo agli albori del Conservatorio di Potenza fummo fortunati.

d: Avete fatto tutti carriera?

r: La maggior parte sì.

d: Come sa, quando a Potenza qualcuno ha un minimo di riscontro di carriera, è facile che qualcuno tiri in ballo la politica e le conoscenze. Ha avuto un ruolo la politica nella sua vita? Le risulta vero che da noi non si può fare Cultura a un certo livello senza interfacciarsi con essa?

r: La politica per me è stata sempre una passione, di cuore, vissuta sin da ragazza come “militanza di comunità”. Sono stata candidata un paio di volte…

d: Col centrosinistra…

r: …a SINISTRA (sempre), ma perché mi hanno cercato loro, forse perché mi vedevano protagonista attiva nel tessuto sociale della cultura. Detto questo, lei mi chiede se si possono fare le cose senza l’appoggio politico. Beh, io sono l’esempio vivente. Tutto quello che abbiamo fatto in trentaquattro anni di Ateneo Musica Basilicata, l’abbiamo fatto esclusivamente con le nostre forse, e forse senza essere nemmeno riconosciuti per il lavoro svolto. Basta vedere i contributi che riceviamo, e lì si legge qual è la “forbice” di appartenenza o meno, o di “sudditanza” alla politica.

d: Mi interessa capire il discorso “forbice”.

r: Guardi, non voglio dare adito a gossip, magari ci sono realtà nuove (che pur hanno tutto il diritto di farsi spazio)… ma io posso parlare per ciò che mi riguarda. Lo ripeto: abbiamo sudato tantissimo e –lo dico a voce alta- non ci siamo visti riconoscere certi meriti.

d: Riassumendo, soldi dalla politica: poco o nulla.

r: No, pochi. Pochi per quello che facciamo. Siamo la prima associazione ad aver creato in Basilicata una stagione concertistica e siamo forse la più antica realtà musicale dedicata agli spettacoli dal vivo, e tutto ciò che facciamo lo otteniamo moltiplicando pani e pesci. Mi permetta di dire che siamo quasi a questo livello. Grazie alla credibilità maturata, siamo un punto di riferimento sul territorio, anche per le scuole. Sia chiaro: io non mi lamento, però –francamente- dalle istituzioni mi sarei aspettata di più, anche a livello nazionale. Io giro molto per la mia attività concertistica, e a volte capito in contesti dove ti ritrovi con programmi di sala ciclostilati e un pubblico esiguo, rispetto a quello dei nostri eventi, ma se vai a vedere i contributi ministeriali, quelli del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo), sono quasi il doppio. Direi che come Basilicata, in generale, siamo sottostimati.

d: Chiarisca questo “in generale”.

r: Il contributo FUS è come quello della Sanità, cioè deve rispettare un parametro, perché deriva dalle tasche dei cittadini; tuttavia, boh, forse ci sono dinamiche che sono troppo “Roma-centriche” e quindi anche in questo settore bisognerebbe essere più incisivi, ai tavoli Stato-Regione. E su questo stiamo lavorando, anche come Osservatorio dello Spettacolo, di cui sono rappresentante, insieme a Mimmo Conte.

d: Gli operatori dello spettacolo sono una delle categorie che più hanno sofferto le restrizioni del Covid, ma oggi con le riaperture si spera che…scusi, ma perché scuote la testa?

r: Scuoto la testa perché sono mesi che facciamo questa battaglia “sindacale”, stile Fiat, ma i riscontri in Regione sono stati molto, molto fiacchi. Siamo l’unico comparto che non si è visto riconoscere un singolo euro di “straordinarietà”, laddove nella vicina Puglia sono stati assegnati circa sei milioni di euro per lo Spettacolo.

d: E in Basilicata proprio zero?

r: Niente. In riferimento all’anno 2020 –quello della Pandemia- non solo manca lo “straordinario”, ma è stata anche distolta la cifra attestata per “l’ordinarietà” del bando. Lei sa che c’è una legge regionale che si consuma in un triennio e che prevede bandi annuali: bene, il bando 2020 non è uscito, in quanto il governo regionale ha tolto la posta in bilancio per quell’annualità.

d: Per destinarla a cosa?

r: Boh! Segreto di Fatima. Ripeto: soprattutto non è stato immaginato un solo euro di “straordinarietà”. Ma noi vorremmo comunque prima l’ordinario. Guardi, la stragrande maggioranza degli operatori dello spettacolo dal vivo HA comunque svolto in gran parte le attività; Ateneo Musica Basilicata al 3 marzo del 2020 aveva svolto l’80% della stagione concertistica.

d: Che significa anticipare soldi…

r: Significa esser fuori di centomila euro. Conosco le mie, ma anche le casse degli altri colleghi, avendo fatto uno screening di tutto quello che è successo. Non si può tollerare.

d: La politica regionale l’avete incontrata?

r: Abbiamo fatto queste “assemblee permanenti dello spettacolo”, ma sempre disertate dal presidente della Regione, Bardi. Abbiamo ricevuto la visita del consigliere Quarto; abbiamo incontrato il capo di gabinetto (indirizzato dallo stesso Presidente come nostro interlocutore tecnico/politico); ma, l’ultima riunione del 7 giugno –che mi era sembrata abbastanza fattiva- a oggi 14 luglio non riscontra nessun risultato concreto, ovvero ufficiale.

d: Un po’ scontato a questo punto: ma se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: Di dare seguito agli impregni presi con noi in più di un’occasione: la prima a novembre, a margine di quel sit-in sotto la Regione, e poi il 7 giugno. Nel riceverci, ci aveva infatti assicurato di aver preso in carico il problema, addirittura promettendoci di mettere in campo risorse per un ristoro straordinario; ma –ribadisco- la nostra priorità è l’ordinario, e cioè il poter mettere a posto i conti pregressi; un provvedimento che sani le spese (effettuate e rendicontabili) del 2020; e infine l’uscita –immediata- del bando 2021. Perché sta finendo, il 2021. E se ci richiudono? Si dimentica spesso che quello dello spettacolo dal vivo è un settore imprenditoriale, noi siamo IMPRESE cultuali, ci sono persone assunte, famiglie che ci vivono, c’è un indotto immenso. Dietro ogni spettacolo -che sia di musica, di teatro o di danza- c’è tutto un “Mondo di Quark”.

d: Al netto delle restrizioni Covid, che giudizio dà alla vitalità culturale di Potenza?

r: Io credo che patisca un po’ di distrazione da parte del governo regionale. C’è troppo “Matera-Centrismo”: noi dobbiamo rivendicare il nostro essere capoluogo di regione, che tra l’altro ospita un teatro storico, che è l’unico in Basilicata e uno dei pochi del Meridione. Trovo che tanto l’ex, quanto l’attuale assessore comunale alla Cultura (Falotico e D’Ottavio) siano due profili molto vivaci e privi di “filtri” politici. Ma lo sforzo dev’essere di tutti: vedo che manca l’attenzione della Regione, sul capoluogo di una regione che comprende realtà come Venosa, che potrebbe essere la “città della musica” del Meridione per antonomasia, ove già vengono “in pellegrinaggio” fior di maestri e musicisti.

d: Una domanda che faccio spesso agli artisti lucani: sarebbe immaginabile un festival tutto lucano, in stile “Notte della Taranta”? Insomma, un evento di eguali proporzioni?

r: Ma certo! E anche con contenuti più densi e più importanti. La Basilicata è ancora uno “scrigno segreto”, con una “incontaminazione” dei linguaggi della musica popolare davvero rara. Inoltre se ne potrebbe fare un unicum in Italia –se non addirittura in Europa- con il connubio tra musica popolare e musica antica. E sarebbe anche un grande attrattore turistico e un’idea di sviluppo per le nostre aree interne. Come Ateneo Musica facemmo “Suoni di pietra” e fu un successo enorme.

d: La canzone che la rappresenta?

r: Posso dire un pezzo di musica classica? “Quartetto Opera 135” di Beethoven. In quattro note c’è condensata la creazione del Mondo.

d: Il libro?

r: Forse, “Il Maestro e Margherita”.

d: Il film?

r: “Amadeus”, ma anche “Barry Lindon”, di Kubrick. Ha una colonna sonora straordinaria.

d: Lo chiesi al suo amico Alessandro Haber (con cui va spesso in tour, con un progetto sul Tango) e lui mi mandò quasi a quel paese, mi auguro che adesso me lo dica lei: che “ballo” è Potenza?

r: Mah, un ballo di una musica antica, ma con origini popolari. Magari una gavotta.

d: Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?

r: «E’ stata una persona generosa».