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Cari Contro-Lettori,

facciamo un esperimento. Proviamo a trattare la questione scorie radioattive tagliando e incollando gli interventi di diversi politici lucani, senza citarli. Tanto sono più o meno tutti uguali.

Sogin Spa ha reso pubblica la nota tecnica relativa ai siti idonei per lo stoccaggio delle scorie nucleari di bassa e media intensità. Un elenco di 67 potenziali siti con determinate caratteristiche diffusi su tutto il territorio nazionale, e che ora vedranno un momento di aperto dibattito pubblico. Purtroppo constatiamo che tra i siti individuati, ce n’è una moltitudine in Basilicata.

Con il nulla osta governativo alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), predisposta dalla Sogin, è stato quindi svelato l’ insensato inserimento tra gli eventuali siti di diversi Comuni lucani, ubicati nel Bradano o nell’area murgiana, tra cui addirittura la città di Matera, Capitale Europea della Cultura 2019. In virtù della normativa varata nel 2010 la pubblicazione della Carta delle aree potenzialmente idonee dovrà essere sottoposta al parere dei cittadini e siamo certi che i lucani esprimeranno in maniera convinta il loro dissenso. (Ciò che è accaduto) non è assolutamente accettabile poiché la nostra regione e il nostro territorio hanno già dato e continuano a dare tanto, essendo coinvolti da decenni sia nello stoccaggio di scorie nucleari, anche ad altissima attività, sia nelle estrazioni petrolifere. Riproporre ora l’indigesta ‘ciliegina sui pozzi’ dello stoccaggio nazionale delle scorie radioattive significa condannare alla desertificazione la nostra meravigliosa terra, da sempre vocata ad azioni di sviluppo incentrate sulla valorizzazione dell’agricoltura, del turismo e della cultura. Le aree della Basilicata indicate come possibili sedi di un deposito di scorie radioattive sono “a bassa idoneità” e quindi da escludersi in vista della valutazione definitiva.

Non si tratta di essere affetti dalla sindrome nimby (not in my back yard) bensì di valutare le conseguenze che potrebbero derivare dall’indicazione dell’area di Matera quale possibile sede unica dei rifiuti nucleari sparsi oggi in una ventina di depositi locali, rispetto alla stessa qualificazione di Matera patrimonio mondiale dell’umanità e allo straordinario paesaggio culturale di cui è espressione la Citta dei Sassi. Mai come in questo momento, come fu per la mobilitazione di Scanzano 17 anni fa, abbiamo bisogno di unità e prospettive comuni per la nostra terra.

Fin qui il nostro raffazzonato, seppur condivisibile, “editoriale”, ottenuto copiando e incollando qua e là. Cosa si vuol dimostrare? Che lo spauracchio (e speriamo rimanga tale!) del deposito delle scorie nucleari in Basilicata, che periodicamente torna a insidiarci, offre contestualmente il destro a tutti i nostri rappresentanti –di qualsivoglia appartenenza- per schierarsi contro una minaccia seria e concreta, e quindi di fare una volta tanto tutti insieme la parte dei buoni, di coloro che mostrano il petto contro il nemico, di quelli che non si piegano e non si spezzano, dei “Capitan Basilicata”, insomma. E ce n’è ben donde, viene da dire (ripetiamo, prima o poi questa spada di Damocle sempre in bilico sulle nostre teste dovrà essere seppellita, quella sì, una volta per tutte), ma è curioso come i nostri referenti istituzionali facciano continuo riferimento alla valorosa “Marcia dei centomila di Scanzano”, manco fosse stato un exploit politico (cioè loro) e non già delle gente comune (com’è stato).

Cari politici, riponete la penna e tirate fuori la tigna.

Della questione “deposito unico” se ne parla da anni, e ogni volta siamo punto e accapo.

C’è qualche virgola che forse ci è sfuggita?

Walter De Stradis