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di Walter De Stradis

 

Contadino-senatore dalle scarpe grosse e il cervello fino: si definisce così, praticamente, Saverio De Bonis, eletto in Senato coi Cinque Stelle, ma poi “transitato” –come vedremo- nel Gruppo Misto. Il cinquantacinquenne parlamentare irsinese è membro della IX Commissione permanente "Agricoltura e produzione agroalimentare". Lo abbiamo intervistato via web, martedì scorso.

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: Esercitando quella “più alta forma di carità”, come diceva Paolo VI, che è la politica.

D: Da qualche parte online lei è descritto così: «De Bonis si catapulta nei porti dove il grano viene sbarcato, informa i cittadini sull’origine del grano e sulla destinazione...».

R: Lo facevo già prima di diventare senatore (con l’Associazione GranoSalus), adesso mi è più facile perché posso avvalermi di alcune prerogative parlamentari. Nello specifico, qui in Basilicata siamo a ridosso del triangolo industriale Foggia-Bari-Altamura che trasforma il grano in semola e farina, prodotti che realisticamente finiscono sulle nostre tavole. Noi prendiamo questi semilavorati perché in Basilicata non abbiamo molte industrie di lavorazione, a parte piccoli mugnai sparsi qua e là che – è bene dirlo al consumatore - sono gli UNICI che potrebbero garantire sulla natura “lucana” delle materie prime utilizzate. Invece già a Matera, per esempio, ci sono grossi industriali che continuano a mettere il loro marchio su un prodotto, trasformato fuori regione, che a quel punto non è più grano lucano.

D: Ma non è solo una questione di etichette.

R: Il problema è che proprio in Puglia c’è il grosso della lavorazione del grano di tutta l’Italia. E’ quindi facile immaginare che queste navi che attraccano al porto di Bari rientrino nel processo di miscela del grano buono, lucano e pugliese, con quello di provenienza extracomunitaria. In realtà, per via di una strana e contraddittoria legislazione europea, molti trovano gioco facile nell’importare prodotto scadente, che viene prelevato non in maniera diffusa su tutte le stive, analizzato spesso in laboratori non accreditati, ma che alla fine risulta sempre “nei limiti” di tossicità fissati dall’UE, che non tiene conto dell’effetto cocktail, ovvero della contaminazione di più sostanze sia pur a basse dosi.

D: Il discorso va quindi spostato anche sulle norme.

R: Sul contaminate glifosato, in particolare, c’è un regolamento comunitario del 2016 che ne vieta l’utilizzo in pre-raccolta su tutto il territorio dell’UE; tuttavia c’è un regolamento anteriore, del 2013, che fissa un limite della presenza del glifosato nella materia prima (10 milligrammi per chilo). Capisce bene che, appellandosi a questa norma anteriore, importatori e industriali la fanno franca e le istituzioni preposte al controllo si dicono “con le mani legate”, quando anche uno studente di giurisprudenza invece capisce che la norma del 2016 automaticamente annulla quella precedente! Ho sottoposto la questione anche alla Commissione europea. Nel frattempo noi cittadini - mentre funzionari dei ministeri e associazioni di consumatori si passano la palla in un inconcludente ping-pong - ci ritroviamo nei nostri piatti contaminazioni da glifosato che -se è pur vero che negli anni sono diminuite- dovrebbero essere del tutto assenti, perchè anche a basse dosi agiscono come interferenti endocrini.

D: L’appello da fare ai consumatori, pertanto...

R:... è di CHIEDERE al proprio fornaio o panificio - che sia a Tito, a Potenza, a Matera o a Irsina - di esibire una CERTIFICAZIONE DI QUALITA’ circa il fornitore della farina, dalla quale si evinca l’assenza di residui tossici. Questa è l’unica arma che i consumatori hanno, perché la battaglia politica è tutta in salita. Solo così si blocca il giochetto degli industriali che fanno cartelli, comprano in Canada un grano che non mangiano neanche i maiali, lo miscelano con quello nazionale (stando attenti a non superare certi limiti), e aumentano i problemi sanitari del nostro Paese, generando concorrenza sleale sul nostro prodotto.

D: «Espulso dai Cinque Stelle a causa di una vecchia condanna contabile».

Si riconosce in quest’altra definizione?

R: Si trattava di una multa di molti anni addietro, ma più che altro quella fu una scusa perché non tolleravano il mio dissenso politico sui temi della salute e dell’agricoltura, una vera Cenerentola, quest’ultima. Inoltre, la condanna contabile in primo grado (con appello parzialmente accolto) non è motivo di espulsione. Semplicemente ero troppo libero e coerente rispetto alle promesse elettorali. Non ero uno “yes man”. Prenda cosa accade oggi: l’agricoltura torna alla ribalta, ma solo perché Renzi e la Bellanova pretendono di regolarizzare 600mila stranieri, quando invece si vogliono licenziare migliaia di lavoratori italiani, creando nuove sacche di disoccupazione. Periti agrari, agrotecnici, dottori agronomi di buona volontà: hanno allestito centri di consulenza, utili agli imprenditori per l’accesso ai fondi comunitari; bene, queste strutture che fungono da service sono tuttavia entrate nel mirino dell’Agea (l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura – ndr), allo scopo di far fuori questi professionisti e affidare queste quote di mercato nelle mani di Coldiretti. Senza considerare che con la crisi Covid-19 ci si dovrebbe preoccupare prioritariamente dei tanti disoccupati che non troveranno altro lavoro se non quello agricolo, come nel dopoguerra.

Questi sono i paradossi dell’agricoltura italiana! Abbiamo un ministro dell’agricoltura che non minaccia di dimettersi perché gli agricoltori sono sfruttati come schiavi da commercianti, industriali e grande distribuzione, ma perché deve dare spazio al suo furore ideologico.

Ecco perchè, per tornare alla sua domanda, De Bonis è un parlamentare scomodo: perché dice queste cose davanti a tutti, mettendo in imbarazzo il proprio gruppo, e alla prima occasione (i fanghi tossici in agricoltura inseriti nel decreto Genova in modo inappropriato) coloro che dovevano invece rappresentare “la svolta” lo mettono fuori.

D: Cosa vede nell’immediato futuro della nostra agricoltura, specie a ridosso dell’emergenza Covid?

R: Penso che l’agricoltura tornerà a essere centrale, perché sta aumentando il senso di consapevolezza dei consumatori. Certo però che se non mettiamo persone competenti alla guida - tanto del ministero, quanto degli assessorati regionali - quella che può essere una Ferrari dell’economia del Sud finirà per fondere il motore. Il cibo sano, il Made in Italy, può curare, ridurre le spese farmaceutiche, aumentare le difese immunitarie contro i virus… ma invece ci troviamo di fronte a delle lobby, infiltrate nella politica, che prima vogliono intossicare la gente con cibi-spazzatura, e poi curarla con i loro farmaci (basta mettere a confronto i cda delle multinazionali alimentari e farmaceutiche: ci troviamo sempre le stesse persone).

D: A suo dire in Italia, in questi tempi di emergenza sanitaria, «I cittadini anziché essere ascoltati e compresi vengono manganellati a suon di sanzioni amministrative, durante le loro pacifiche proteste nel rispetto delle norme sanitarie».

R: La Caritas ha detto che in Basilicata i poveri sono raddoppiati; in tv abbiamo visto le immagini dei banchi di pegni di Napoli e Torino, ove adesso si reca anche il ceto medio e comunque gente che prima non ci andava. E non c’è oggi una forza politica che si prenda cura di questa gente, non c’è una visione dell’economia. Ecco perché l’agricoltura tornerà a essere centrale: in fasi storiche come questa il cibo diventa l’argomento principale. Per questo, pur essendo io cattolico e dalla parte della solidarietà, dico che in questa fase in cui tantissimi Italiani sono ridotti al lastrico, non possiamo preoccuparci solo degli immigrati, e per giunta al solo scopo di fare propaganda politica. Da irresponsabili. Secondo me bisognerebbe ascoltare le esigenze delle associazioni di categoria, invitandole in Parlamento, anziché quelle delle industrie.

D: Se lei potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

R: Di spiegare al Governo che la Basilicata può risolvere il problema del debito pubblico nazionale.

D: Scusate se è poco.

R: Certo. Sa come? Bloccando le estrazioni petrolifere, nazionalizzando i nostri giacimenti e offrendoli come collaterale di garanzia per l’emissione di obbligazioni internazionali, che potrebbero incidere significativamente sul debito pubblico, togliendoci dalla morsa dell’Unione Europea. Tradotto: occorrerebbe far stimare a una società di rating internazionale il valore dei miliardi di barili di petrolio che ancora abbiamo nel sottosuolo (si stima da 15 a 30 miliardi di barili ad un prezzo medio del petrolio di 80$), chiudere a chiave questo tesoretto ed emettere quelle obbligazioni: le ripagheremo nel corso di venti/trent’anni, abbattendo l’incidenza degli interessi sul debito, riducendo l’esposizione del debito pubblico e favorendo una ricostruzione del Paese.

D: La Basilicata può quindi salvare l’Italia.

R: Sì, ma bisogna che qualcuno dica a Bardi di riferirlo al resto della Nazione. Aspettare i fondi del lontano Recovery Found è come studiare mentre il malato muore. De Bonis, dal canto suo, si sta sforzando in Parlamento, ma essendo un indipendente del gruppo Misto...

D: Come giudica il lavoro del Generale?

R: L’emergenza sanitaria l’ha ben gestita. Certo, a mio avviso si è avvalso di troppi collaboratori non lucani, ma prima di esprimere un giudizio sulla sua giunta è giusto attendere ancora. E’ prematuro. Posso dirle che Bardi mi è parso con le idee chiare, anche se forse dovrebbe ascoltare di più gli amministratori locali ed essere maggiormente vicino alla gente comune.

D: Facciamo il gioco dei nomi e delle definizioni. Partiamo da Conte.

R: “Curiale”.

D: Speranza?

R: Speranza...“Perduta”.

D: Salvini?

R: “Acqua passata”.

D: La ministra Bellanova?

R: “Inadeguata e ideologizzata”.

D: Bardi?

R: “Un militare promettente”.

D: I due Pittella?

R: “Datati”.

D: Il film che la rappresenta?

R: “L’Attimo Fuggente”.

D: La canzone?

R: “I Giardini di Marzo” di Battisti è molto attuale: “Il carretto passava e quell’uomo gridava gelati. Al 21 del mese i nostri soldi erano già finiti”.

D: Il Libro?

R: Mi è piaciuto molto “L’Ozio Creativo”, del sociologo De Masi, che non deve far pensare a una situazione di passività. Usciremo dalla crisi con una buona dose di creatività.

D: Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?

R: «Contadino, scarpa grossa e cervello fino»