pranzoPITTELLA

Io dico “15”, lui “12”, ma siamo lì. Dall’ultima volta che ci si era incontrati di persona è visibilmente dimagrito. Gli argomenti sul piatto sono tanti, forse troppi, ma –dopo tutto quello che è successo, su diversi fronti- quel che effettivamente ci interessa capire è “quale” Marcello Pittella si ri-presenta a queste elezioni regionali (nella lista Avanti Basilicata), che si consumano a valle di 7-8 mesi particolarmente intensi nella vita del Governatore dimessosi a gennaio scorso.

In questo momento particolare, come giustifica la sua esistenza, umana e politica?
La motivo, più che altro, con l’idea che mi possiede, ovvero quella di servire gli altri, a cominciare da quelli della mia Terra. E’ quella che suole definirsi “la causa comune”. Dal lato politico, pertanto, motivo la mia esistenza con questi concetti; sul piano umano, lo faccio con il mio portato personale, fatto di inverni ed estati, di cose piacevoli e altre molto spiacevoli.


Rispetto all’ultima volta, il Marcello Pittella che si presenta alle elezioni è sicuramente diverso, perché: 1) ha governato cinque anni come Presidente; 2) a luglio scorso ha subito l’arresto ai domiciliari per l’indagine sulla Sanità; 3) questa volta è candidato come “semplice” consigliere. Ma lei, in cuor suo, in cosa si sente diverso rispetto alle elezioni del 2013?
Che la vicenda giudiziaria abbia cambiato in me alcuni aspetti più umani, non v’è dubbio. Sfido chiunque. La lezione che ne ho tratto si traduce in un rafforzamento della voglia di fare, fare bene e correggere gli errori passati, nonché di continuare ad amare il prossimo –gliela metto così- affidando al perdono di Dio le tante cose che ho constatato, purtroppo, nei momenti di sfortuna. Sa, quando cadi, qualche “amico” se ne va. Quando cadi, qualche “candidato” si sfila o cambia bandiera. Ci si vende al miglior offerente e ti accorgi di quanto sia fragile la natura umana. Queste sono cose che avviliscono l’animo di una persona, ma io non giudico: spero solo che queste persone possano recuperare un po’ più di senso comune, e un po’ più di dignità per se stessi. Io intanto continuo a coltivare i miei sentimenti, a fare il medico di tutti, a fare politica per il bene comune, e a correggere i tanti errori commessi.


Veniamo per un attimo a quella mattina di luglio. La Guarda di Finanza bussa alla sua porta e le notifica che lei è agli arresti domiciliari. Quali i primi pensieri in un momento del genere?
In quel momento sono stato lucido come non mai. Ho ospitato con grande serenità gli agenti venuti in casa mia, e ho letto davanti a loro quelle cinquecento pagine, divorandole. A un certo punto ho soltanto detto: «Ancora non comprendo perché mi arrestate».


In quanti erano?
In due, e sono stati molto cordiali. Ho provato a leggere subito tutte quelle pagine e non vi ho trovato una mia sola parola, non vi ho trovato nulla, e pertanto ho detto quella frase. Anche se loro, beninteso, erano soltanto notificatori, ci mancherebbe. Da allora è scattato in me un unico desiderio, dimostrare la mia innocenza, anche se dovessi passare sotto le Forche Caudine.


In quel momento non ha pensato “la mia carriera politica è finita”?
No, ho pensato “questo atto mi distrugge la vita, e io devo fare in modo che non sia così”. E penso di esserci riuscito, non soltanto perché mi sto difendendo e mi di difenderò in tutte le sedi, ma anche sul piano politico e professionale, ricominciando da capo.


Lei da subito ha optato per la “linea dura” con la magistratura, ovvero non si è dimesso –fino al 24 gennaio scorso- ed è ricorso in tutte le sedi possibili. Ha mai pensato o temuto che questo potesse innescare una “linea dura” anche dall’altro lato?
Francamente, soprattutto dopo il pronunciamento della Cassazione, confidavo che prevalesse un po’ più di buon senso, e in effetti mi sono reso conto che c’è stata una linea dura che è andata avanti a oltranza. A quel punto, non avevo più in mente di tornare a fare il Presidente, bensì di poter tornare libero per far valere i miei diritti, anche da possibile candidato. L’elettorato, attivo e passivo, è un sacrosanto diritto e non mi si può negare. E infine, quindi, ho dovuto adottare la scelta delle dimissioni, per poter tornare fra la gente.


Prima lei parlava di “tanti errori commessi” nella sua azione politica. In primis su cosa deve fare “mea culpa”?
Mah, ci sono stati alcuni errori amministrativi. Se potessi tornare indietro, non assumerei la stessa posizione sull’Articolo 38 (dello “Sblocca Italia” – ndr). Perché non fu capita e forse fui io non bravo a farla comprendere. Io sono passato come il Presidente con le mani tinte di nero…


… e non era così?
…no! Guardi, io sono stato quello che ha chiuso il Centro Oli, cosa mai accaduta nella storia della Basilicata! Credo invece di essere stato molto severo con le compagnie petrolifere e sui controlli.


… e quindi quegli errori di cui dicevamo? Sul piano umano, sono stato troppo buono. In che senso? Intende dire che si è fidato troppo di qualcun altro? Il sindaco di Tito, Scavone (e non è il solo), a questo proposito, nella sua intervista a pranzo disse «Andiamo a guardare nel “sottobosco”». Si riferisce a questo?
Guardi, il sottobosco esiste e sempre esisterà. Ma la verità è che o si vive tutto con diffidenza, e ci si snatura (e io mi snaturerei), o si apre il cuore e si vive da altruisti. O sì o no. Io penso di essere così, ed è difficile cambiarmi.


Vuol dire che forse ha detto un “sì” di troppo a troppa gente?
Ripeto: a fronte del bisogno, o ti metti un rivestimento impermeabile, una corazza, oppure ti doni agli altri. Io SONO così, e VIVO così. Il dolore degli altri è anche il mio dolore e forse dovrei essere più distaccato e meno coinvolto.


Quindi oggi si sente come? Più cinico…
Cinico no, direi molto più attento. E dispiaciuto per atteggiamenti che non meritavo di ricevere. Io credo nel rispetto dell’amicizia e della persona, e quei valori si coltivano tanto d’inverno quanto d’estate. E’ troppo semplice farlo col bel tempo. Ecco, per rispondere alla sua domanda, forse quello che mi ha cambiato dentro è una sorta di avvilimento per la pochezza che c’è nel genere umano.


Lei queste cose le ha già dette al Park Hotel, nella conferenza stampa in cui ha anche annunciato la candidatura di Trerotola. In quell’occasione, riferendosi a chi aveva abbandonato la nave che affondava, ha chiosato: “Non si fa così”. Tuttavia, ora siete di nuovo “tutti insieme appassionatamente” nella stessa coalizione. Mi spieghi una cosa: come fa il cittadino a non pensare che il centrosinistra sia un insieme di “separati in casa” uniti soltanto da pulsioni elettorali?
Il tema del cittadino è la Basilicata, e non il singolo nome o la singola sigla. Sulle singole persone ci possono essere anche apprezzamenti o riserve, ma deve prevalere in tutti una considerazione più generale, sul quadro d’insieme: quale futuro consegniamo alla Basilicata? In questo momento, io credo che il mio agire nell’interesse dei Lucani sia quello di sacrificare me stesso, a fronte anche di qualche ritrosia che io stesso posso avere (a ragione o meno), nei confronti di qualcuno o di qualche sigla; pertanto, io per primo, da presidente o da capitano se vuole, antepongo tutto ciò a favore di una coalizione, la più ampia e unita, che sappia garantire ai lucani lo Sviluppo agognato.


Però, fino all’ultimo, voleva essere lei il candidato Presidente.
Sarei ipocrita se non ammettessi che ho coltivato il desiderio di fare un secondo mandato. C’era anche una maggioranza, ampia, che voleva che io continuassi a interpretare quel bisogno, e io a loro ho dato la mia disponibilità. Purtroppo non era esaustiva per vincere una battaglia difficile, e a fronte di una sorta di “difficoltà” a trovare l’unità auspicata e auspicabile, io dovevo scegliere se procedere in autonomia -contro tutto e tutti- oppure fare io un passo indietro, allo scopo di riunire. Io ho optato per questa scelta. Pertanto, non mi sono “incapriccito” come dice lei, ma ho soltanto ragionato da persona matura, penso, sul piano personale, politico e umano.


Quando, come e perché ha capito che era il caso di rinunciare alla sua candidatura da Governatore?
Nella testa c’era da un po’, ma non potevo manifestarlo.


Perché?
Perché si fa così. Alcune idee non si manifestano un mese prima, ma al tempo giusto. Ma quando ho capito che altri, pur di non volermi e di farmi perdere, erano disposti a dar vita ad altre coalizioni all’interno del centrosinistra, ho pensato che la cosa più giusta fosse tirarmi fuori e metterli insieme tutti. Questo è il mio grande gesto.


“Grande gesto” che Carmen Lasorella ha bollato come “inciucio”, se non ho male interpretato.
La persona che ha citato, verso cui nutro rispetto, non credo conosca bene la politica. E prima di bollare come “inciucio” un atto come questo, al suo posto ci penserei mille volte. Però, guardi, non fa nulla, non si commentano nemmeno queste cose. Io penso ad altro.


Carlo Trerotola lo ha scelto lei?
L’ho indicato io alla coalizione e la coalizione lo ha gradito.


Si è fatto qualche ulteriore nemico, preferendolo a qualche altro possibile candidato?
No, io ritengo che tutti abbiano capito la necessità di una scelta del genere. Guardi che la discussione è stata molto ampia, la rosa dei candidati possibili era nutrita, ma alle fine si è convenuto sul fatto che -senza nulla togliere agli altri- la figura più calzante fosse quella di Carlo Trerotola.


C’è chi gli contesta che, proprio essendo una persona buona, onesta e finora estranea alla politica, sia facilmente manovrabile. A cominciare da lei.
Trerotola è una persona buona, stimata, perbene e libera. E se deve essere un valore aggiunto per la Basilicata è proprio perché libero deve rimanerci. Altrimenti avremmo scelto uno di filiera, uno più “allevato” alla scuola politica e di partito. ma in questo momento serve alla Basilicata che proprio i partiti facciano un passo indietro, che si spoglino delle vecchie ritualità e abbraccino il civismo tanto agognato. Il civismo significa questo, mettere in prima linea il farmacista buono, il farmacista di strada, che non ha mai fatto politica se non tra la gente. Carlo commetterà qualche errore perché non ha l’esperienza che posso avere io? Pazienza, ma è sicuramente più libero rispetto a vecchi meccanismi. Noialtri, dal canto nostro, dobbiamo metterci a sua disposizione in virtù dell’esperienza maturata in tanti anni.


In città alcuni si sono detti scioccati della candidatura di Trerotola col centrosinistra, contestandogli una sua, storica, militanza a destra.
Questa è una cosa fantasiosa. E perdipiù, se andassimo a controllare il pedigree di molti personaggi di rilievo a livello nazionale, ci renderemmo conto esattamente da dove vengono. Carlo Trerotola ha semplicemente un percorso familiare che ha una sua collocazione, ma le dirò di più: il padre, che era di destra, io non l’ho conosciuto, ma me l’hanno sempre descritto come persona buona, generosa e in mezzo alla gente; pertanto io credo che quel gene, passato al figlio, sia un valore che può essere messo a disposizione di una coalizione che è sì di centrosinistra, ma che ha anche un marcato spirito civico.


Quando vi siete incontrati per la prima volta?
Tantissimi anni fa, quando io ero un giovane medico praticante la politica. Mi colpirono subito la generosità, la semplicità e l’affettuosità. Anche nelle serate conviviali che abbiamo trascorso assieme, c’è sempre stata una partecipazione amicale scevra da qualsiasi pulsione politica. Eppure, confesso, io l’ho spesso solleticato e sollecitato in passato, ma lui è sempre stato una persona schiva, nonostante i corteggiamenti, da destra e da sinistra. Oggi si rende conto di essere stato investito di un compito superiore, e si sente maturo per fare questo passo nell’interesse di tutti. E guardi che lui ha più da perdere che da guadagnare.


In questa campagna elettorale lo ha messo in guardia su qualcosa in particolare?
Ci sono tre concetti. Primo: lui deve essere consapevole delle cose fatte dal mio governo, quelle positive e quelle negative, perché è giusto che le cose che non sono andate bene lui le corregga (perché tante cose positive sullo scenario mondiale questa Regione le ha fatte, vanno semplicemente corretti gli errori). Secondo: come neofita delle politica deve conoscere bene la comunicazione, e quindi dovrà individuare tre, quattro, cinque temi –non cinquecento- che devono costituire il “mantra” per il futuro della Basilicata. Terzo: deve continuare a parlare con la gente, come ha fatto finora. Io gli ho chiesto di continuare a frequentare i suoi luoghi abituali, di andare nei quartieri, nei mercati rionali. Io, al posto suo, andrei nella hall del San Carlo per vedere le persone che prendono il ticket, a tastare il polso della loro soddisfazione o meno. Insomma, Carlo Trerotola non deve cambiare di una virgola, perché queste cose le ha sempre fatte. C’è un gap di fiducia da recuperare fra il cittadino medio e il cittadino che lo rappresenta: Carlo ce la può fare. Carlo la può dare questa iniezione di speranza.


In lizza c’è anche lei, come dicevamo. E’ consapevole che la reazione di qualcuno potrebbe essere tipo: «Un’altra volta Pittella!? Ma che vuole ancora?!?»?
Non mi votasse. Come tutti gli altri candidati, io i consensi devo guadagnarmeli, e farò una campagna ventre a terra. Fra luci e ombre, io sono comunque portatore di un’esperienza che intendo usare, assieme a Carlo Trerotola e alla maggioranza, per conseguire ulteriori risultati in ambito lavoro, tutela dell’ambiente (come abbiamo provato a fare), per mettere in campo sfide inedite per l’autonomia differenziata regionale, provare a migliorare il welfare, intervenendo sulla scuola, sugli ultimi, i penultimi, sull’assistenza domiciliare, sulla digitalizzazione in medicina. Questa regione può svolgere per l’Italia intera un grande servizio.


…sperando che l’Italia non ce lo faccia a noi, il servizio.
Sì, vabè, però se pensiamo a cosa sta inventando il Governo nazionale sull’autonomia differenziata delle regioni del Nord, beh, quella è una secessione silente. Noi abbiamo bisogno, invece, di stabilire a monte dei criteri perequativi, anche per le regioni più deboli del Mezzogiorno. Altrimenti, chi più ha più tiene, ma non è così che funziona. Sarebbe la morte del Sud.


Anche dopo i risultati di Abruzzo e Sardegna, la vostra partita si gioca principalmente –com’è stato detto nei mesi scorsi contro il qualunquismo e il malpancismo?
Assolutamente sì. In quelle regioni ci sono stati segnali che fanno ben sperare per un ritorno alla “politica”, ma questo passaggio non è ancora ultimato, e il cittadino ha una pancia ancora in ebollizione. Tuttavia la medicina da usare non è quella di farla diventare un pentolone che scoppia, ma somministrare persone che sappiano interpretare i bisogni degli ultimi, Carlo Trerotola, e miscelarle con altre che sono in grado, per esperienza, di contribuire a un’amministrazione oculata della nostra regione. Altrimenti, è solo una cloaca di veleni, di rabbia, di promesse impossibili da mantenere: promettere 60mila posti di lavoro, senza conoscere il bilancio regionale, significa prendere in giro la gente.


Se la sua coalizione dovesse perdere, chi preferirebbe, o sopporterebbe meglio, come vincitore?
(Silenzio). La lista del professor Tramutoli. Non potrei mai pensare di affidare il futuro dei miei figli al centrodestra o ai cinque stelle; preferisco sicuramente una sinistra identitaria che almeno ha una storia da rivendicare, di lotte sociali e civili.


A proposito di “rivendicare”, sarebbe ora di rinegoziare le royalties petrolifere.
A novembre prossimo scade la concessione in Val D’Agri e la Regione Basilicata sarà chiamata a rivedere IL CONTRATTO. Poi, sì, c’è il tema delle royalties. ma senza una consultazione popolare e delle autonomie locali, io DIFFIDEREI la Regione Basilicata a ricontrattare quanto sta per scadere. Occorre cioè prima spiegare a Eni e a Shell: 1) che c’è bisogno di lavoro per la gente, 2) che c’è bisogno di garanzie per l’ambiente; 3) che a quella dell’indotto imprenditoriale deve seguire una crescita dela tenuta sociale. Senza questi paletti diventa complicato.


Reinaldo Figueredo, l’ex ministro del commercio del Venezuela, economista di livello mondiale, presidente onorario del Gruppo Lucano di Protezione Civile, residente in Val D’Agri, qui seduto dov’è lei ha dichiarato: «Io, al momento, chiederei una negoziazione seria, pretendendo subito di passare dal 10 al 30% di royalties, ma per poi scendere anche al 15%, man mano che –in cambiocon l’attività estrattiva si concretizzano alcune condizioni di valore aggiunto, indispensabili per il territorio –programmante congiuntamente- come l’incremento lavorativo, un miglioramento delle reti infrastrutturali e tanto altro ancora. È una “giocata”politica complessa, ma si può fare».
Non è un’ipotesi realistica e sa perché? La tassazione delle compagnie petrolifere sulle estrazioni è altissima. Questo provvedimento lo fece il presidente Crocetta in Sicilia, che ha statuto autonomo, ma le compagnie a un certo punto chiusero i pozzi, perché era insostenibile un’aliquota così alta di royalties, a fronte della tassazione vigente. Allora io dico: le royalties possono arrivare anche all’11 o al 12%, il problema vero è la sfida sull’autonomia differenziata. Mi sipego: le tasse che questi pagano a Roma, le possono pagare qui in Basilicata? E a fronte di ciò che estraggono, possono determinare PER OBBLIGO E NON PER CONCESSIONE, il ritorno occupazionale/imprenditivo? E’ questa è la sfida. Ma l’approccio deve essere determinato, come quello che ho assunto io quando, alla vigilia di Pasqua,a fronte di uno sversamento, ho chiuso il centro oli senza mezzi termini.


E oggi ritiene di averlo pagato, quel gesto.
(Silenzio) Sì. Io penso di sì.


Una domanda che ho fatto un po’ a tutti, in questi ultimi anni di “interviste a pranzo” e che faccio anche a lei è: “se potesse prender sotto braccio Pittella, cosa gli chiederebbe?”.
A Pittella chiederei una grande mano per i giovani lucani, e di impegnarsi per creare opportunità di lavoro e maggiore consapevolezza nella loro coscienza.


Facciamo il gioco dei nomi. Vito Santarsiero.
Non l’ho mai compreso.


Piero Lacorazza.
Vittima del suo carattere.


Mario Polese.
Un ragazzo buono, ma che deve ancora lavorare molto.


Roberto Speranza.

Non un coraggioso.


Il Generale Bardi.
Persona perbene.


Antonio Mattia.
Penso che improvvisi troppo.


Tramutoli.
Un’ottima persona.


Benedetto.
Poco coerente.


Dario De Luca.
Persona perbene.


De Ruggieri.
Un visionario, di grande cultura. Un romantico della politica.


Che voto dà alla Franconi che l’ha sostituita? È stata un suo “muppet”, come è stato detto, o ha avuto personalità?
Penso che negli ultimi sette mesi abbia dimostrato non solo personalità, di cui è dotata, tanto a Roma in sede di conferenza Stato-Regioni, tanto qui in Basilicata. E non era facile per lei. Ha avuto un atteggiamento di assoluta autonomia e direi anche di discontinuità.


Sì, ma spostare le elezioni a maggio era un tentativo di “aspettarla”.
Assolutamente no. La norma invocata era valida, e se la Regione avesse voluto impugnarla, quel responso del Tar avrebbe vacillato in Consiglio di Stato.


Lei sta continuando a fare il medico, adesso?
Sì ho ripreso, perché di quello vivo. E vorrei solo aggiungere che durante quei periodi difficili ho ricevuto migliaia, e dico migliaia, di attestazioni di stima e solidarietà. E’ accaduto spesso che un paziente mi abbracciasse senza dire una parola.


Li sa riconoscere i leccaculo?
Eccome. Stia tranquillo che li so riconoscere in virtù della mia esperienza. Mi rendo conto degli opportunisti e so anche che alla prima occasione sono pronti a cambiare cavallo. La fragilità della natura umana si manifesta anche così. Chi pecca in questo modo, merita solo una preghiera perché il Signore lo perdoni.


Ma qual è il “peccato” di Marcello Pittella? E non mi dica “sono troppo buono”, perché quello è un pregio.
Forse quello di aver preferito il lavoro in ufficio al rapporto con le persone. Per cinque anni ho vissuto sott’acqua e quello per me è un peccato.


Il film che la rappresenta? E non mi risponda “Il Gladiatore” … a proposito, le piace quel soprannome?
Beh, io sono un combattente, ma forse “Gladiatore” è un po’ eccessivo.


Dicevamo, il film?
La serie tv “La casa di Carta”.


Il libro?
“Non avevo l’avvocato” di Mario Rossetti. Una storia bellissima, che ho divorato, su una persona che viene arrestata ingiustamente. Pensi, l’ho ricevuto a casa quando ero agli arresti, ma il pacco era anonimo. Non saprò mai chi me l’ha mandato.


La canzone?
“La verità” di Vasco Rossi.


Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
«E’ stata una brava persona, dedita agli altri, apprezzata per le sue doti umane e per il suo impegno civile e istituzionale».