pistolaMARROCC

«Quando abbiamo iniziato l’avventura dell’associazione Telefono Donna in città, nel 1989, non si parlava per niente di violenza domestica, ma semplicemente di violenza sessuale che, tra l’altro, veniva considerata un reato contro la morale e non contro la persona. In trent’anni, dunque, di passi in avanti ne sono stati compiuti, considerando che all’epoca non c’era proprio nelle donne la consapevolezza di subire violenza.

In Italia si è cominciato a parlare per la prima volta di maltrattamenti in famiglia intorno al 2005/2006, grazie alla prima indagine dell’Istat voluta dall’allora ministro per le Pari opportunità, la Pollastrini. I numeri di quella stessa indagine furono strabilianti, tanto più che per la prima volta venivano messi nero su bianco i dati delle donne vittime di violenza. L’aspetto controverso, tuttavia, è che all’epoca buona parte delle donne ritenevano normale uno schiaffo, un’umiliazione, o la vessazione psicologica dei mariti, insomma tutto ciò faceva parte di quel che si definisce: “una normale dinamica di coppia” ».Sono trascorsi trent’anni dalla nascita dell’associazione Telefono Donna nella città di Potenza, un’istituzione quando si parla di tutela, supporto e sostegno alle donne vittime di violenza. Cinzia Marroccoli da ben ventidue anni è la presidente della stessa associazione, del centro antiviolenza, è membro del Consiglio nazionale di Di.re., la rete che raccoglie tutti i centri antiviolenza italiani e, dal 2001, gestisce e coordina le attività della casa rifugio e accoglienza “Ester Scardaccione”. Parlare dei fenomeni di violenza sulle donne è un modo per combatterli e contrastare la loro triste avanzata, è anche per questa ragione che Cinzia Marroccoli ci ha aperto le porte della sua casa e si è prestata di buon grado ad una intervista sul tema. «Il punto comune è la cultura alla quale il violento appartiene. Nella stragrande maggioranza dei casi parliamo di uomini profondamente maschilisti. Le donne vengono considerate al pari di oggetti, come esseri di seconda categoria non pensanti. Gli uomini violenti spesso sono fragili psicologicamente, poiché si sentono potenti solo quando sottomettono, controllano e generano terrore nella propria donna. Si tratta di un meccanismo del quale questi uomini non sono consapevoli, anzi -a detta loro- la colpa è delle donne che li provocano costantemente e li inducono ad una reazione aggressiva. I violenti, inoltre, mancano pienamente di autocontrollo e se le scenate si verificano anche in presenza di altre persone c’è da preoccuparsi sul serio. Le tre donne uccise in Basilicata nel 2018, tra le quali figura la stessa Angela Ferrara, hanno in comune dei compagni possessori di un’arma, o del porto d’armi. Ebbene, quando noi raccogliamo le denunce delle donne e le stesse ci confessano che i compagni sono in possesso di armi, seppur regolarmente denunciate, iniziamo a preoccuparci per davvero. L’arma è sempre un dato di ris chio, un campanello d’allarme che va calcolato. Se da un lato le donne denunciano, dall’altro molte iniziano ad avere paura, anche perché molte delle vittime avevano segnalato alle forze dell’ordine i loro compagni violenti. Se una donna continua a sopportare e ad essere sottomessa, a non dire mai di no, certo un compagno non l’ammazza, anzi trae giovamento dalla sua presenza, poiché la usa per sfogarsi. È atroce da dire, ma purtroppo è ciò che si verifica quotidianamente. La vera prevenzione si fa attraverso i centri antiviolenza, anche perché è tramite l’ascolto delle vittime che si può pianificare per loro un percorso psicologico e pratico per uscirne fuori ».