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Il suo primissimo giorno come professore di Filosofi a al Liceo Classico “Quinto Orazio Flacco” di Potenza, per spiegare Socrate ai suoi studenti, si servì di un testo di Caparezza. 48 anni, originario di Tolve, oltre a essere un apprezzato docente, il tolvese Rocco Mentissi è un noto pianista e compositore, con un disco in uscita in autunno e un corposo curriculum alle spalle. Fra le altre cose, infatti, è anche il direttore della banda del suo paese (fondata da suo padre) nonché dell’orchestra a plettro “Domenico Manfredi” di Avigliano. Con lui abbiamo avuto il privilegio di discutere di “Bellezza” e di “Lucanità”, due termini di agile consumo (specie fra le dentiere dei politici) ma dai contorni piuttosto sfuggenti.


Come giustifica la sua esistenza?
È una domanda molto difficile, è un po’ come chiedere a un pesce cos’è l’acqua. La vita è un valore che non ha bisogno di valori, insomma è qualcosa che si giustifi ca da sola. Ciò che riempie la mia esistenza è il legame e l’amore verso gli altri: quando riesco a fare qualcosa per le persone, la mia stessa vita acquista una nuova legittimità, è un po’ come quando si crea Bellezza riuscendo a suscitare emozioni.


…Parlando di Bellezza, è come se questo valore ultimamente fosse in forte ribasso, in Basilicata, in Italia, dappertutto. Lei è un insegnate e la notizia che tiene banco in questi giorni riguarda due stranieri, “pseudo fotografi ” di bambini trovati davanti a una scuola del potentino. C’è chi non ha esitato a pubblicare le foto dei “sospetti” su Internet e la caccia all’untore è partita subito. Ma poi la cosa si è sgonfiata: foto non ce n’erano. Come commentare?

La Bellezza è Cultura e la Cultura conduce alla Bellezza. Quando la Cultura viene macchiata dal pregiudizio si incomincia a vedere il nemico dappertutto, e direi che l’ignoranza è il male peggiore da sconfi ggere. Si sta diffondendo a macchia d’olio una visione sbagliata della realtà, un costume fatto di vecchi schemi falliti, anziché avere il coraggio e le palle di ricrearne di nuovi. C’è un grande calo della creatività nella mente umana e, a mio giudizio, questa è la spiegazione più plausibile rapportata a fenomeni come questi. Mi spiego meglio: ci sono sempre più menti vuote riempite da una stessa notizia, che può essere anche non vera, e invece di dire sì alle sfi de e alla creazione di un pensiero nuovo, di una nuova visione della democrazia, si fi nisce per retrocedere. Io vedo la politica indietreggiare vistosamente di fronte alle nuove sfi de, stiamo cambiando direzione poiché non diamo spazio alla creatività e alle competenze, ma solo all’appartenenza, e questo è un grave errore.


…la politica è comunque lo specchio della società?
Assolutamente sì, siamo tutti coinvolti da questa grande decadenza umanistica, umanitaria, culturale e sociale. Come direbbe De Andrè: “Nessuno si senta assolto”.


“Nessuno si senta assolto”: la scuola italiana, in questo momento, ha dunque delle responsabilità?
La scuola deve farsi carico di un’auto-analisi, anche se è altrettanto vero che la stessa vive un totale abbandono da parte delle Istituzioni politiche. La politica non è più formativa e, men che meno, può essere considerata un valido esempio da seguire da parte dei giovani, ma lo stesso discorso vale anche per la televisione e per lo sport, poiché troppo ingabbiati nelle tenaglie del mercato. L’unica istituzione che si muove un po’ più libera è proprio la scuola, però è troppo sola e, a volte ahimè, anche gli insegnanti cedono il passo a visioni generaliste e pregiudiziali. Per ricreare una buona democrazia e, una altrettanto valida Repubblica, bisogna investire nella cultura, nella Bellezza e nella “manifestazione”.


Si parla spesso dei giovani dell’era digitale, sempre attaccati al telefono e accusati di scarsi valori, ma al di là dei luoghi comuni qual è il loro grido d’aiuto, o la loro richiesta più diffusa?
Di essere ascoltati e, soprattutto, accettati dagli altri per quello che sono. Socrate insegnava ad accogliere il proprio demone interiore, quello che in greco si direbbe daimonion. Dunque indipendentemente dai modelli che la società, il mercato e gli adulti propinano, bisogna cercare di rimettere l’essere umano al centro. I ragazzi a quell’età sono puliti, e non è assolutamente vero che sono privi di valori. Io dico che gli stessi valori sono relativi al tempo, dunque vanno riletti e vissuti nuovamente. “La verità è fi glia del tempo, per usare le parole di Bacone: l’azione degli insegnanti e degli adulti deve dunque stimolare la vitalità e il dinamismo, dar vita a nuovi valori che inneschino l’adesione dei giovani, che –al contrario- negli adulti odiano la retorica. E spesso vedono solo quella.


Il rapporto che ha la Basilicata di oggi con la Bellezza?
Oggi la Basilicata, proprio perché non è mai stata una regione pienamente industrializzata, e spero non lo diventi mai, può proporsi come una realtà alternativa rispetto agli altri paesi occidentali, piuttosto omologati. La Basilicata è lenta, per questo non deve puntare ad essere veloce, al contrario deve essere ancora più lenta.


Il suo “collega” filosofo Vito De Filippo da presidente della Regione voleva una Basilicata “fast & sexy” (veloce e sensuale).
No. Proprio la sensualità non può essere veloce, bensì molto lenta. Le nuvole sono molto belle, un po’ il simbolo di questa terra, rappresentano i sogni che, ahimè, non diventano mai realtà. Venendo alle cose che non mi piacciono della mia Terra, posso riassumerle nel modo stesso in cui sono solito definirla, in modo politico: terra di Santi, di fate e di uomini dimenticati.


Uno per uno, cosa rappresentano?
Le “fate”sono le false idee di rilancio; i “santi”, una religiosità –profonda- ma che spesso –e mi spiace dirlo- non si traduce in “umanismo”, così come anche l’arte deve essere sempre a servizio dell’uomo. Oggi la Basilicata ha bisogno di coraggio… qui vige l’esempio che gli uomini “esistono” solo se si “appartiene” a qualcun altro. Le persone libere non contano nulla. Se “appartieni” e se sei pronto a perdere la tua spontaneità, allora fai strada. La cosiddetta “Lucanità” molto spesso diventa un marchio, uno strumento di vendita. Ma cos’è questa benedetta “Lucanità”? Una parola vuota, un pavoneggiarsi di un niente, se pensiamo che non siamo capaci di difendere la nostra Terra, ci vendiamo al primo offerente (vedi l’eolico) e lasciamo che i nostri fi gli vadano in altre città e altre regioni. Briganti? Io non ne vedo. Tra l’altro la famosa canzone (“Brigate se more” – ndr) che tutti cantano l’ha scritta un napoletano (Eugenio Bennato – ndr). Come mi diceva sempre Antonio Infantino, noi soffriamo di un grande complesso di inferiorità, ma dovremmo smetterla di sentirci così, una volta per tutte.


... e gli “uomini dimenticati”?
A volte onoriamo più le statue che le persone. La vera sacralità, invece, sta nel riconoscere nel prossimo il nostro Dio. Ecco perché la “Lucanità” va ricostruita, al di là di slogan e sigle modaiole. Il mio prossimo disco, in uscita a metà ottobre, s’intitola “Pais”: “fanciullo” in greco, “paese” in dialetto. La mia musica strumentale narrerà la giornata tipo di un bambino lucano, in paese nostalgico, se vogliamo, che non c’è più: la corsa, il ritorno a casa dei nonni, il gioco, la terra, la processione del santo. Per arrivare all’ultimo brano, “Porte Chiuse”, scritta a proposito dello spopolamento lucano. Dietro una porta chiusa c’è sempre un doppia tristezza, per chi la trova chiusa e per chi la chiude. Per assonanza, linguistica e di contenuti, è un discorso che si collega anche ai “porti chiusi”.


Non voglio costringerla a parlare di politica, ma quando ha letto sulle pagine dei giornali i dettagli sull’inchiesta della sanità lucana cosa ha pensato?
Ognuno nel suo piccolo ha quella forma mentis: le nostre azioni e anche i nostri voti sono motivati da un tornaconto. La politica è in decadenza non solo per i politici stessi, ma anche e soprattutto per gli elettori che predicano bene e razzolano molto male. Non si vota mai un’idea o un programma, ma l’amico dell’amico che può rendere un favore. Siamo tutti abili e tutti fessi allo stesso tempo, poiché non scegliamo ciò che è giusto, ma ciò che conviene. Finché c’è questa mentalità anche i politici che sbagliano saranno indirettamente “assolti”.


Domanda ricorrente: lei lo sta “sentendo” il veto benefico di Matera 2019? Si sta realmente cogliendo l’opportunità che le è stata donata?
Dico solo che nonostante i miei lavori in ambito musicale, io non ho avuto alcuna richiesta. Bisogna avere i contatti giusti, o l’amico dell’amico che ti spiana la strada. Se continuiamo a dare spazio a chi non ha talento, idee o progetti, se non quelli forzati, noi quella chance la perderemo. L’uomo può mentire, ma la natura e la realtà no. L’essere umano deve ritornare ad avere un criterio, nonché la capacità di riconoscere l’arte e, soprattutto, va sostenuto l’artista.


Lei ha collaborato con Antonio Infantino. La morte del genio tricaricese e i tributi che gli vengono riservati al di fuori della nostra regione secondo lei ci insegnano qualcosa?
Io ho scritto una “Ballata per i poeti dimenticati” sostenendo che tutto ciò che è vero e autentico oggi è scomodo. Antonio era vero e autentico, fi no ad arrivare a essere scomodo per questa terra. Il problema è che noi non riusciamo a valorizzare i nostri talenti nemmeno nella morte, scimmiottiamo le altre regioni senza renderci conto delle nostre potenzialità, a partire dalla musica per arrivare a un discorso più generale sulla cultura. Antonio è scomodo ancora oggi, pertanto continua a morire e a non essere conosciuto, quindi forse devo pensare che la Basilicata non ha le categorie mentali e artistiche per riconoscere chi vale davvero.


La Basilicata che musica sta suonando?
Una cover. Non c’è spazio per la creatività. La Basilicata deve ancora realizzare bene se stessa. È una lezione socratica, io non mi sono inventato niente.


La canzone che la rappresenta?
“Sally” di Vasco Rossi, una canzone capace di farmi piangere e “Almeno tu nell’universo” di Mia Martini.


Il libro?
Io amo molto la poesia, tuttavia il libro che mi rappresenta meglio è “Moby Dick” di Melville. Mi piace pensarmi inafferrabile, un po’ come la balena bianca.


Il film?
“La meglio gioventù”, mi ha fatto piangere più di tutti.“Matrix” però mi rappresenta a livello filosofico. Ma su tutti ti direi “Amarcord” di Fellini.


Fra cent’anni cosa vorrebbe che fosse scritto sulla sua lapide?
“Un Uomo”.