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Cari Contro-Lettori

a pagina 3 di questo numero di Controsenso leggerete l’intervento del decano dei commercialisti potentini, il ragionier Giancarlo Fusco, che –partendo dall’annosa questione del “desertificato” centro storico del Capoluogo - ha spaziato su altri argomenti che interessano la regione. “Con una nota” (come si diceva una volta nelle dediche e richieste sulle radio popolari locali): «Potenza è la città delle tre “P”: “Prima nomina”; “Puniti”; “Pensionati”».

Ad ascoltare le sue parole, mi è tornato alla memoria, sullo stile della madelaine di Proust, il profumo del tempo perduto di una giornata d’infanzia in compagnia di mio padre. Eravamo nei pressi di un cinema (non ricordo quale, ma non è da escludere che fosse una qualche sala che oggi non esiste più) e il sottoscritto osservava la locandina del film in programmazione. Si trattava di “Attenti a quei P2”, un lungometraggio del 1982 che oggi so dirvi realizzato dalla combriccola del Bagaglino: Pingitore alla regia, e gli indispensabili Pippo Franco e Bombolo tra i protagonisti, senza contare uno strepitoso Oreste Lionello (nella foto) in una versione apocrifa di Licio Gelli (capo della loggia massonica in quel periodo al centro delle cronache italiane). In breve, la locandina (che riportiamo in questa pagina a titolo esplicativo) raffigurava un numero imprecisato di persone e di professionisti (faccendieri, carabinieri, magistrati etc.), su cui campeggiava la scritta “Attenti a quei”. Non capivo, insomma, perché il titolo fosse incompleto. Fu mio padre a spingermi a osservare che la parola mancante, “P2”, era riportata in grande, a racchiudere tutti i personaggi raffigurati. Una cornice quasi invisibile, eppure gigantesca.

Tornando a oggi, curiosamente, parlando di un altro, ulteriore tipo di “desertificazione”, è stato poi un altro “decano” lucano, Pancrazio Toscano, educatore, saggista e sindaco socialista di Tricarico negli anni Ottanta (che abbiamo intervistato a pranzo), a uscirsene con parole del genere: «(nella sanità) poi c’è stata questa finzione di “rapidità, efficienza ed efficacia” (endiadi purtroppo insegnate nelle università PIDUISTE)».

Che dire, cari Contro-Lettori, il retrogusto di questa madelaine proustiana è dolce-amaro.

Visto e considerato che, per ua disgraziata proprietà taransitiva, ciò che si può dire del Capoluogo lo si può tranquillamente estendere all’intera regione, lasciamoci, una volta tanto (anche se sarebbe meglio dire “come sempre”) con un interrogativo: quante sono, ancora oggi, le “P” in vigore a Potenza (e in Basilicata)?

Solo le tre di cui parla Fusco?

O magari c'è da aggiungerne (almeno) un’altra?

Walter De Stradis