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Cari Contro-Lettori,

giovedì 25 marzo scorso, com’è noto, si è celebrato in tutto il Paese il “Dantedì”, ovvero la giornata dedicata e intitolata al Sommo Poeta.

In quell’occasione, nel corso della seguita (?) trasmissione di Paolo Mieli su Rai Tre, s’è parlato diffusamente anche di Cangrande Della Scala, che fu Mecenate di Dante Alighieri.

Soltanto tre giorni prima, il buon assessore alla sanità della Regione Basilicata, il dottor Rocco Leone, altrimenti detto “Leongrande Della Giunta”, aveva pensato bene di celebrare, a suo modo, una sorta di “Bardedì”, ovvero una giornata devoluta alla salvaguardia del suo Presidente, il governatore Vito Bardi. Il perché di cotanto impegno e afflato poetico volto alla tutela dell’imperitura memoria del generale napo-lucano è presto detto: quest’ultimo era da poco risultato ultimo in un certo sondaggio nazionale relativo al gradimento riscosso dai presidenti di regione, in riferimento alla gestione della Pandemia. Per la verità, già qualche giorno prima, come un sol uomo, l’intera giunta, compatta e ardimentosa come i famosi “300” di Leonida atti a respingere l’avanzata dell’oceanico esercito persiano, si erano stretti a testuggine intorno al loro valoroso condottiero bersagliato dalle avvelenate lance dei giornali (che avevano fatto notare, non senza una punta di sarcasmo, la debacle sondaggistica). Ma poi, il nostro Leongrande Della Giunta, ha tirato fuori l’arma finale, e ha catapultato sulla stampa (o perlomeno, su alcune testate giornalistiche, dice lui), i suoi colpi migliori (ricorrendo anche a metafore “pittoriche”, se non proprio pittoresche): «Qualcuno aveva timore che l’attuale governo non volesse cambiare il colore alla cornice ma ritingere per intero il quadro. Montava una strategia politica avallata da qualche testata giornalistica a cui non interessano i fatti o le idee, ma le insinuazioni, i formalismi, i cavilli, che diventano occasioni per attaccare le persone (…) Il bersaglio principale è diventato Vito Bardi, e pur non avendo recitato alcun atto scenografico di presenzialismo, egli è diventato bersaglio mobile.» Non pago, l’impavido Leongrande ha quindi dichiarato il suo amor cortese per il generoso (l’ha pur sempre nominato assessore) Signore: «È il caso di rimarcare che Vito Bardi è un giovane di 70 anni, elegante e dal fascino antico, austero, come lo è chi ripudia la necessità del superfluo. Profondamente disinteressato per parte propria, ma appassionato alla Basilicata e al popolo lucano e sovrintende con maniacale scrupolo agli interessi della cosa pubblica».

Che dire, secondo Leongrande, che evidentemente ha le idee chiare, il Generale Bardi è un settuagenario, però giovane, anzi no, col fascino “antico”. E poi, la prosa dell’assessore è rimarchevole (o si tratta di poesia?): pertanto, perché non istituire ufficialmente, dal 22 marzo prossimo, il “Bardedì”? Mi rendo conto che rassomiglia a un “martedì” pronunciato da qualcuno raffreddato o affetto da sinusite, ma perlomeno ci consentirà di ricordare per sempre le tragicomiche, picaresche, irresistibili venture di questa “Armata Brancaleone”, anche un poco tenera nella sua goffaggine e ingenuità, in cui sovente si trasforma la giunta Bardi.

Walter De Stradis