editoriale2912

Cari Contro-Lettori,

la sera della vigilia di Natale, per le vie del centro di Potenza, il poeta grassanese Carmine Donnola (protagonista, con Eugenio Bennato, del recente film “Urli e Risvegli”, regia di Nicola Ragone), girava portando con sé una delle sue, ormai celebri, bottiglie di vino con poesia (sull’etichetta), in questo caso illustrata da uno stupendo disegno del compaesano Giuseppe Artese (li ammirate entrambi in questa pagina). Con l’incontenibile generosità e la disarmante umiltà che lo contraddistinguono, il Nostro voleva consegnarla al padre di Arisa (alla quale erano dedicati vino, versi e disegno). Si dirà: è la classica storia natalizia. Ma non è così, almeno per chi conosce Donnola. Quelli come lui sono l’esempio vivente di un possibile contenuto che –se solo si volesse- si potrebbe dare alla vacua parola “lucanità” di cui spesso si fa abuso, ma senza chiarirne mai i contorni. Il suo tributo alla fortunata star pignolese del Pop (che siamo sicuri vorrà fare tesoro dell’onore, enorme, che le ha tributato il suo conterraneo, e soprattutto delle sue parole), è una sintesi poetica dei tempi in cui viviamo, tempi in cui molti lucani lasciano questa terra con “un anello al dito fatto di radici”. Giovani, e meno giovani, con sogni e speranze nella testa che viaggiano “controvento” (o “controsenso”, se volete). Ma non per tutti loro è un primo posto al Festival. Non per tutti loro sono luci e applausi scroscianti. C’è da riflettere, e molto. Non resta da augurarci che questo 2019 alle porte ci renda tutti (nel senso di TUTTI: candidati, candidabili, s-candidabili e “normali” cittadini), “testimoni sensibili di una terra vera”.
Chi vuole intendere, intenda. Buon anno.

 

Walter De Stradis