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di Walter De Stradis

 

 

 

 

Una quindicina di giorni fa, a pochi metri dal sagrato della chiesa di San Michele, in pieno centro storico a Potenza, si è celebrata un’assurda “cavalleria rusticana”, con accoltellamento finale (come da “copione”) di un ragazzo originario di Picerno (Pz).

Il parroco, don Mimmo Florio (volto noto della chiesa potentina, avendo a lungo ricoperto lo stesso ruolo a Paggio Tre Galli) dalla sua finestra ha visto l’arrivo dell’ambulanza, chiedendosi in cuor suo, ancora una volta, cosa “diavolo” sta succedendo nella parte vecchia della città. La stessa cosa l’abbiamo chiesta noi, a lui.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: E’ una vocazione, sorta quando ero un bambino delle elementari, in una famiglia che di suo era molto credente. E così, già in prima media, entrai in seminario, avviando un lungo percorso in quell’istituto, in cui non sono mancati dubbi e ripensamenti fisiologici, ma che si è poi concluso con la piena certezza che questa era la mia strada.

d: Non vorrei banalizzare, ma c’è stato un evento, un qualcosa, o qualcuno, che le ha fatto capire che quello era il suo destino?

r: Come dicevo, la scelta è arrivata da bambino, ma posso anche dire che poi ho incontrato le persone giuste, i sacerdoti giusti, come il rettore del seminario, don Vito Telesca (un grandissimo riferimento per la mia vocazione), ma anche a Roma ho trovato docenti e compagni straordinari, come don Rocco Colucci, attuale parroco di santa Cecilia.

d: Lei stesso è stato parroco di Santa Cecilia, in un quartiere periferico come Poggio Tre Gialli, mentre oggi, già da alcuni anni, ricopre lo stesso ruolo nel cuore del centro storico. Quali le differenze?

r: Si può dire che a Santa Cecilia la vita sociale sia un po’ più scarsa la mattina, essendo un po’ un quartiere dormitorio. Tuttavia è un rione vivo, c’è una bella realtà, con famiglie e giovani (anche se gli anziani stanno aumentando), pertanto si lavora soprattutto di pomeriggio e di sera, con circa 4/500 bambini tutt’oggi iscritti al catechismo. La sera c’è fermento con adulti e genitori, tramite anche le varie associazioni. Il centro storico, invece, è un po’ più “anziano”, con la gente maggiormente legata a tradizioni antiche; ci tengono in particolare alle novene e a celebrazioni del genere. A Santa Cecilia, invece, la processione la “inventammo” noi, con tanto di statua, perché il mio predecessore, don Pinuccio Lattuchella, era più per il “sociale”, ovvero sport, musica etc.

d: In Centro, invece, a sentire i residenti, di musica ce ne sarebbe fin troppa.

r: (Ride). Sì, bravo, proprio così! Soprattutto la sera.

d: Uno degli argomenti del giorno è la presunta “malamovida” che angustierebbe il Centro e i suoi vicoli, caratterizzata da comportamenti spesso “sopra le righe” di alcuni ragazzi (atti vandalici, risse), e da fatti di cronaca, ultimo dei quali l’arresto di due giovanissimi per detenzione di droga ai fini di spaccio. E’ spesso intervenuto il Prefetto, ma lei che ci vive proprio “in mezzo”, cosa può dirci?

r: Io a San Michele ci vivo, notte e giorno, dal settembre 2017. E subito mi sono reso conto che c’era questo movimento. E devo dire che di recente è pure aumentato, perché prima si registrava soprattutto nel weekend, mentre oggi questo flusso di giovani che passa sotto la mia finestra si è sicuramente esteso. E credo anche che la situazione sia un po’ peggiorata: lo schiamazzo è aumentato tanto che a volte, mentre celebro la messa della 19, il vociare e la musica ad alto volume…, insomma, ho informato anche il Prefetto. E mi son sempre domandato se sia opportuno tenere locali a pochi metri da una chiesa, perché locali che con la loro musica possono “disturbare” le cerimonie, beh, non so, forse dovrebbero stare un po’ più a distanza… e mi chiedo anche se non ci siano delle apposite norme municipali da rispettare, magari.

d: Ma il problema sono soli gli schiamazzi e la musica? Perché se fossero solo questi…

r: …mah, credo che questi ragazzi esagerino un po’ con l‘alcol. Ho questa impressione perché spesso si va a finire a risse e a botte, e io stesso vedo passare polizia, carabinieri, ambulanze. L’altra sera non a caso mi sono affacciato alla finestra chiedendomi cosa fosse successo, e poi il giorno dopo ho letto di accoltellamenti e arresti. Insomma, sì, c’è una situazione che andrebbe più controllata, monitorata.

d: Il Prefetto ha annunciato un implemento delle telecamere, ma io chiedo a lei: che ruolo hanno in tutto questo le famiglie?

r: Beh, non diamo la colpa solo a loro. Anche se proprio l’altro giorno leggevo un intervento dello psicologo, Paolo Crepet, in cui affermava che è venuto meno il “conflitto generazionale”. Nel ’68 e negli anni successivi i giovani “combattevano” contro i loro genitori per ottenere tutta una serie di cose; oggi quei giovani di un tempo sono diventati genitori loro stessi e si sono “rassegnati” e sono poco portati a “stimolare” i loro stessi figli. Ma anche la Chiesa, in tutto questo, dovrebbe fare un “mea culpa”.

d: La Chiesa è un po’ in ribasso?

r: Forse sì, così come la Scuola e l’associazionismo.

d: Sulla Chiesa hanno pesato anche fatti di cronaca e scandali a livello internazionale?

r: Sì, forse ci sono stati dei fatti di cronaca che hanno indebolito la “bellezza” della Chiesa. Se pensiamo invece ai tempi, molto lontani, di san Giovanni Bosco e San Filippo Neri, parliamo di sacerdoti che (insieme ad alcuni laici), lavoravano molto coi giovani. Per la verità, ancora oggi a Potenza ci sono tante parrocchie belle in questo senso, anche quelle di periferia come San Giovanni Bosco, Santa Cecilia… io stesso sono assistente del centro Sportivo Italiano e la settimana scorsa a Nova Siri si è tenuto un convegno nazionale riguardo a tutti gli sport giovanili, e c’erano più di 550 bambini! Una cosa meravigliosa. Ecco, questa potrebbe essere la strada. Sì, la Chiesa qualche errore l’ha commesso, forse anche perché non trova gli stimoli adatti. Se noi stessi trovassimo delle alternative, forse questi giovani potremmo davvero tirarli fuori, non dalla “movida” (perché il divertimento deve esserci), ma da questa “mala” movida.

d: Lei cosa chiederebbe alle istituzioni?

r: Sicuramente il controllo dovrebbe essere aumentato. Ma soprattutto se ci mettessimo insieme, Chiesa, Scuola e Famiglia, si potrebbe pensare a dei progetti concreti, per attivare questi giorni. Via Pretoria si può accendere di vivacità (come accaduto l’altra sera, con gli Amici dell’Hospice)…

d: Mi diceva che ha parlato col Prefetto. E col Sindaco?

r: Anche. Però…humm (si acciglia in un’espressione perplessa - ndr)

d: Però?

r: Sono tutti preoccupati, Sindaco e Prefetto, però…humm, di concreto ancora non vedo nulla. So che la Prefettura ha organizzato controlli più serrati, però mi aspetterei un intervento poco poco più deciso, da parte delle istituzioni.

d: E cosa mi dice, invece, rispetto all’altra, annosa, questione, circa lo svuotamento e lo spopolamento del centro storico? Si parla ormai assiduamente degli effetti deleteri di uffici pubblici delocalizzati e di negozi spostati al Gallitello.

r: E’ vero. Quando vado a Gallitello per fare qualche servizio c’è un tale traffico che non si può camminare, mentre qui –specie la mattina- c’è poco movimento, mentre la sera diventa la “casa” dei giovani, come dicevamo. Il Comune dal canto suo ha sempre fatto molto, penso alla creazione delle scale mobili, per facilitare gli ingressi in Centro, ma certo andrebbe tenuto meglio. E diciamo anche che forse le stesse attività commerciali non sempre sono competitive.

d: Se potesse prendere il governatore Bardi sottobraccio, cosa gli direbbe?

r: L’ho conosciuto ed è una bravissima persona, davvero perbene. Beh, gli direi di lavorare per i giovani, perché la maggior parte di loro va via e qui da noi non ci sono opportunità di lavoro per trattenerli.

d: Tra l’altro, oggi -21 giugno- è San Luigi, patrono dei giovani. In cosa può essere ancora d’esempio per i nostri ragazzi?

r: La ringrazio per la domanda, perché ne volevo parlare. Stamattina, leggendo proprio la preghiera di San Luigi Gonzaga, dicevo che è stato un modello per due concetti che, detti ai giovani di oggi, potrebbero suonare “ostrogoto”: innocenza (ovvero castità) e penitenza. Ma si badi bene che il significato etimologico di “innocenza” è anche e soprattutto “non nuocere”. Pertanto direi ai giovani di essere “innocenti” in questo senso qui: divertitevi, amatevi, ma non nuocete agli altri, e a voi stessi, non esagerate col vino, non praticate il bullismo.

d: E la penitenza?

r: La vedrei così: avere la capacità di fare qualche sacrificio, ogni tanto. Non è necessario uscire tutte le sere e ritirarsi ogni notte alle quattro! Magari i giovani mi prenderanno a fischi, ma io direi: una sera ogni tanto, rimanete a casa a leggere un buon libro! La lettura fa molto bene. Per citare ancora Paolo Crepet, lui racconta che la figlia gli parla sempre di una biblioteca che in Belgio sta aperta fino a Mezzanotte, ed è piena di ragazzi!

d: Il film che la rappresenta?

r: “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, me lo fece vedere don Vito Telesca.

d: Il Libro?

r: Un libro di Ferruccio Parazzoli, “Per queste strade familiari e feroci (risorgerò)”, perché parla di un sacerdote che lavora con i giovani.

d: La canzone?

r: “Così Celeste” di Zucchero. Mi porta in cielo.

d: Mettiamo che tra cent’anni scoprano una targa a suo nome, a san Michele: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: «Sacerdote di Dio e degli Uomini».