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di Antonella Sabia

 

 

 

 

L’Arcivescovo di Potenza, mons. Ligorio, continua il suo pellegrinaggio sinodale pre-natalizio tra i soggetti che animano la società di Basilicata. E dopo aver incontrato gli imprenditori, giovedì scorso ha incontrato i sindacati, ricevuto dai segretari regionali di CGIL,CISL e UIL.

L’incontro è stato fortemente voluto dall’Arcivescovo, non solo per porgere personalmente gli auguri natalizi ai rappresentanti dei lavoratori, ma soprattutto per consegnare un messaggio di fiducia e di speranza da parte di tutta la Chiesa locale al mondo del lavoro lucano attraversato da mille difficoltà.

Mons. Ligorio ha già avuto modo nei giorni scorsi di denunciare l’aumento della povertà in diocesi, la solitudine degli anziani e la piaga dell’emigrazione giovanile che depaupera il mezzogiorno di quanto più necessario per crescere, oltre alla condizione delle donne praticamente ancora ai margini del mercato del lavoro.

Per parlare di tutto questo, Monsignore ha incontrato anche noi di Controsenso Basilicata.

d: Pochi giorni ci separano dalla fine dell’anno, questo 2022 possiamo considerarlo un anno di ripresa e ripartenza?

r: Mi viene in mente uno spartito musicale, dove insieme a tutte le note, ce n’è una chiamata “pausa” che termina con un andante precedente, è una fermata, una sosta per ripartire di balzo. Vorrei così paragonarlo quest’anno, dopo la pandemia che ci ha costretti ad una pausa non indifferente sotto tutti gli aspetti e crea adesso un anno di transizione. La speranza ce la dobbiamo portare sempre dentro di noi, non muore mai, con un balzo in avanti vediamo che un’alba nuova di speranza appare all’orizzonte. C’è bisogno però anche di impegno, di progettazione, capacità di saper lavorare in rete e per fare tutto questo bisogna rimboccarsi le maniche, e farci illuminare la nostra mente e il nostro cuore ad amare questa regione che ha le sue ricchezze, le sue potenzialità, ma soprattutto ha bisogno di progettualità saggia e profetica.

d: Prima la pandemia, oggi anche la guerra che seppur non ci tocca così da vicino fa parte della nostra quotidianità: ognuno di noi, questi anni li ha vissuti legati ad un senso profondo di speranza, come diceva lei, ma quando tutto questo finirà saremo più uniti o più soli?

r: Io parlo di una speranza fattiva e concreta, incarnata nel vissuto. Mi preoccupa però un dato, 600 nati in meno nella Regione, rispetto all’anno precedente. Ricordiamo poi anche quanti giovani emigrano, e questa è un’altra riflessione importante che bisogna fare, soprattutto per quei ragazzi che sono preparati culturalmente,che hanno affrontato grandi spese per formarsi, come una primavera in cui ci si prepara a raccogliere il frutto, ma arriva l’autunno e spazza tutto via, così i giovani vanno via. C’è da fare davvero una riflessione profonda, bisogna tornare a sottolineare che la nostra regione Basilicata ha tanto da poter offrire e donare. Pensiamo a tutte le aziende che ci sono nella Val d’Agri, dove effettivamente ci sono richieste di manovalanza nella regione, mentre per le posizioni dirigenziali si rivolgono altrove. Non è possibile quindi cominciare a pensare a qualche scuola per formare quelle intelligenze che non mancano alla Basilicata?I nostri giovani quando escono fuori si affermano a livello nazionale e internazionale.

d: Cosa bisognerebbe fare per trattenerli? E chi dovrebbe fare qualcosa?

r: Dico innanzitutto che tutti dobbiamo sentirci responsabili, sono convinto che i giovani stessi amano questa terra, aldilà poi delle scelte di libertà che ognuno di loro affronta, ma in questo caso spesso diventa una costrizione andar via perché non hanno un’opportunità, e quindi non è possibile parlare di giustizia. Tutti quindi dobbiamo sentirci responsabili, nelle istituzioni poi, nel momento in cui ci si propone per assumersi delle responsabilità e viene accolto un incarico, ci devono anche essere delle conseguenze adeguate al tipo di ruolo che si va ad occupare, perché si è avuta la fiducia di un popolo.E poi sarebbe necessario superare l’individualismo, una radice difficile da scardinare quando in realtà è proprio questa l’espressione più grande che bisogna ricercare nelle azioni umane e sociali di un popolo che ritrova se stesso.

d: Purtroppo, sempre la pandemia, ha creato un solco profondissimo tra le famiglie già in condizioni di povertà, a cui si sono aggiunti “nuovi poveri”, tra quelli che magari un lavoro ce l’hanno ma non riescono comunque ad affrontare le spese di tutti i giorni.

r: Proprio qualche giorno fa è stato presentato il report della Caritas, invito tutti a rileggerlo perché potrebbe diventare quasi come un esame di coscienza che ci dobbiamo fare tutti. Si sono diversificate persino le povertà, quelli che erano molto poveri, sono rimasti tali, anzi hanno affrontato nuove problematiche, impoverendosi fino alla miseria poiché a volte mancano proprio le necessità prioritarie. Anche il ceto medio, inteso come famiglie monoreddito, oggi con difficoltà riesce a supportare tutte le spese quotidiane, perciò questa è una riflessione che ci deve portare a comprendere che è necessaria una progettazione chiara; non possiamo continuare a vivere con questi contributi a pioggia, bisognerebbe sfruttare al meglio questo PNRR, trovando delle giuste modalità. A volte mi fermo a riflettere sulla città di Matera che ha avuto questo slancio di fortuna, attraverso il loro spirito intraprendente, ma tutta la regione deve essere trainata perché, a concorrere con Matera ci siamo anche tutti noi altri.

d: Tra qualche giorno è Natale, oltre al significato religioso, è in questa festività che le famiglie si ritrovano, oggi che sembrano essere più che mai disunite.

r: Il Natale è una festa che va celebrata, ma prima di tutto è il Natale di Gesù, il mistero del figlio di Dio che si fa uomo, che incarna l’umanità e si fa carico delle nostre vite, della mia, della tua, di ognuno di noi…ci potrebbe essere cosa più grande di questa? È la riflessione che il credente deve approfondire, così il cercatore di Dio trova un punto di riferimento solido e di equilibrio nella sua vita. Prendere consapevolezza dell’immagine del profeta Isaia, quando parla di un popolo che cammina nelle tenebre, e poi trova la luce. Così vedo l’attualità di oggi, tra pandemia, guerra, situazione di disoccupazione, immigrazione, il popolo sente questo bisogno di speranza. Se io entro in una stanza buia, la prima cosa che cerco è ovviamente l’interruttore, perché ho bisogno della luce, è un desiderio innato nell’uomo, così come un popolo che cammina nelle tenebre, ha bisogno di ritrovare la strada. Dio quindi si è incarnato nell’uomo per ridare speranza e fiducia, questo Dio è l’Emanuele, Dio che incarna l’umanità. Diamo quindi questa spinta ai giovani e questa speranza potrà essere viva per loro e per l’intera regione.

d: Eccellenza, il suo augurio di speranza per l’anno che verrà, per i nostri lettori e per tutti i Lucani.

r: Innanzitutto, di accogliere queste riflessioni brevi che abbiamo fatto, anche leggendo qualche riga che rimanga ferma, perché l’uomo non può rimanere nello stato in cui si trova, certamente un passo in avanti bisogna farlo, ma dipende anche dalla corresponsabilità con la quale prendo in mano la mia vita, guardo verso questa luce e mi incammino. Qualcosa sicuramente avverrà, bisogna avere fiducia. Non temete, coraggio.