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di Walter De Stradis

 

 

Le sue interviste, specie quelle rivolte ai politici locali (alcune delle quali diventate celebri), gli mancano molto. «…Perché era il microfono e tenere me, e non viceversa», spiega.

Nonostante abbia lasciato il TGR da qualche tempo, Edmondo Soave è tuttavia impegnatissimo su più fronti: è Presidente della FISM (Federazione Scuole Materne Cattoliche), è responsabile della comunicazione per la Diocesi di Potenza, ed è attivo con l’UCSI (Unione Cattolica Stampa Italiana), di cui è stato presidente regionale.

Qualche giorno fa, inoltre, c’è stato un importante incontro sul tema “La “Basilicata possibile”, o “La Basilicata del bene comune”: lo ha organizzato la CRAL, Consulta Regionale delle Aggregazioni Laicali. Vi aderiscono una quarantina fra associazioni e movimenti ecclesiali, ed Edmondo Soave è membro della Presidenza.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: E’ la domanda della Vita. Ho studiato Filosofia solo per rispondervi. Dico sempre che divento calvo perché la Provvidenza mi tira per i capelli, e ha cominciato parecchio tempo fa! (sorride). Credo che ci sia un Disegno divino. Non siamo qui per caso.

d: Quando ha capito che nella sua vita avrebbe fatto il giornalista?

r: Quando feci il concorso in Rai. Ma in realtà ci avevo pensato da prima. Avendo studiato a Roma, andai a sentire uno di quegli incontri che Scalfari teneva per presentare al pubblico La Repubblica, e in quell’occasione affermò che avrebbe fatto dei concorsi per giornalisti. E così, col mio bravo -ma abbastanza “normale”- 110 e lode in tasca, mi presentai in redazione e chiesi conto di questi fantomatici concorsi. Brutalmente mi risposero che erano solo tattiche pubblicitarie. Così rinunciai e mi diedi all’insegnamento, finché, nel 1979, un amico –nella piazza di Anzi, il mio paese- mi disse che c’era un concorso in Rai. Io ero scettico, ma questo amico – e qui entra in gioco la Provvidenza- mi portò i documenti in casa, e il resto è storia.

d: A proposito di concorsi, se digito il suo nome su Google appare, primo fra tutti, un titolo di un blog che recita “Al concorso Rai vince anche la figlia dell’ex giornalista Rai, Soave”…

r: …sì, beh, rimasi piuttosto male quando uscì un articolo del genere. Potrei dire tante cose (che mia figlia è brava, e ha preso sempre il massimo dei voti), ma mi limito a dire che si è laureata alla Cattolica e che viene dalla Scuola di Perugia, da dove proviene almeno uno/due terzi dei giornalisti Rai (specie i vertici). Aggiungo solo una cosa: se fossi stato così potente da manovrare un concorso, non avrei certo lasciato mia figlia disoccupata per quattro anni!!!

d: La Basilicata secondo lei è una regione meritocratica?

r: No. C’è una bellissima intervista del vicepresidente della Cei, in cui si dice che i ragazzi se ne vanno dal Sud, non solo perché non trovano lavoro, ma anche e soprattutto perché c’è un sistema clientelare talmente diffuso che scoraggia. Carlo Trigilia, noto meridionalista che è stato anche ministro nel governo Letta, parla di “capitalismo politico”. Cosa vuol dire? Che le decisioni oggi sono tutte politiche, mentre una volta erano partitiche. Oggi sono una prerogativa dei “capibastone”.

d: A proposito della politica che “capitalizza” tutto, giorni fa leggevo un comunicato dell’assessore Cupparo, in cui («da cattolico prima che da assessore regionale») faceva suo e rilanciava l’appello della Cral del Giovedì Santo. Oggi, in generale, vanno molto di moda i politici che tirano fuori il rosario o che si rivolgono alla Madonna: cosa ne pensa?

r: Rispondo con le parole di cardinal Bagnasco: «E’ meglio essere Cristiani senza dirlo, piuttosto che dirsi Cristiani senza esserlo». Pertanto, se certi politici sono Cristiani davvero, farebbero bene a essere più moderati, nei termini e nei pensieri, e soprattutto a PRATICARE il Vangelo. Il Vangelo si diffonde per contagio, per le azioni che si fanno, non per le cose che si dicono; altrimenti Gesù sarebbe un Socrate ebreo. E non lo è. O è un Dio o è un matto: noi crediamo che sia un Dio, e lo seguiamo.

d: D’altro canto, proprio oggi (mercoledì scorso – ndr), si legge di comportamenti in Consiglio regionale che rasentano l’assurdo: si votava per il rinnovo degli uffici di Presidenza, e qualche consigliere –pare per fare “un dispetto” a Cicala- ha scritto sulla propria scheda il nome di un editore e di un giornalista, ritenuti invisi al Presidente uscente: una mancanza di rispetto clamorosa per il ruolo affidato loro dai cittadini.

r: Da noi non c’è soltanto una povertà educativa, ma anche informativa. Alexis De Tocqueville diceva che “la Democrazia è il potere del popolo informato”, e in Basilicata –a parte il servizio pubblico della Rai, che è l’unica informazione che “passa”- questo è un concetto in forte discussione, considerate le difficoltà che (non per colpa loro) hanno i giornali: a causa della scarsezza dei lettori, in più del 50 % dei paesi, i quotidiani non arrivano nemmeno.

d: Vuol dire che la politica se ne approfitta?

r: Non la Politica, i partiti (se esistono), ma siccome non mi pare che siano così strutturati, sono sempre “capibastone” che se ne avvantaggiano. La politica è morta, non c’è nessun dubbio su questo. Altrimenti non saremmo in queste condizioni! Mancano proprio i luoghi di dibattito.

d: Quando è morta la Politica?

r: Da noi? Sicuramente con la fine della Prima Repubblica. Non che prima fossimo in un Eden, ma almeno una volta c’era la Dc che mieteva consensi (addirittura a Potenza anche oltre il 50%), ma c’erano anche i Socialisti, i Comunisti. Ognuno nella sua casamatta magari, ma si discuteva; si aveva una visione, parziale, ma la si aveva. Adesso c’è stato un crollo nell’interesse pubblico, e la tentazione, tutta meridionale, di trovare la soluzione “individuale” al problema, che a sua volta ti lega al clientelismo, che noi della Cral riteniamo maturi sulla pelle dei più poveri e bisognosi. Alla Cral parliamo di “strutture di peccato”, un concetto introdotto da Giovanni Paolo II nel 1985: il peccato che si è oggettivato, una struttura da cui si è costretti, in qualche modo, a passare.

d: Una sorta di malevola, burocrazia aggiuntiva.

r: Esatto. Che opera per garantire chi è già garantito.

d: Una volta -si dice spesso- almeno c’erano “gli statisti” (Colombo etc.)

r: Il problema del Sud non è la mancanza di statisti, visto che le eccezioni possono nascere ovunque, ma la Politica in sé, la “medietà”, la media della consapevolezza politica: anche se dessimo le chiavi della politica lucana a San Pietro, beh, non credo riuscirebbe a risolvere granché! Se il contesto è totalmente ostile, è lecito non aspettarsi “miracoli”.

d: Qual è allora la strada, magari indicata nel vostro ultimo incontro, per riguadagnare la regione alla politica vera, e viceversa?

r: L’obiettivo è innanzitutto quello di mettere insieme le forze cristiane e cattoliche, ma non per guardare avanti –paradossalmente- ma per tornare alle origini: il Cristiano o è politico o non è. C’è poco da discutere.

d: Gesù era politico?

r: Suo malgrado, se vuole, ma lo era. La sua è stata una condanna politica, perché dava fastidio al potere di allora, aveva cacciato i mercanti dal tempio… Mounier diceva che la politica o la fai attivamente, o non la fai, ma in quel caso la fai lo stesso, ma passivamente, a favore delle forze che comandano. La politica, insomma, non si può evitare.

d: In questo momento i Lucani sono più politici “attivi” o più politici “passivi”?

r: Passivi, totalmente.

d: Per colpa solo dei “capibastone”?

r: No. Attenzione. La mia lunga militanza nella professione mi ha messo spesso di fronte al gioco del rimpiattino: le cose non vanno bene? Per il politico locale è colpa del politico di Roma, che non dà abbastanza soldi; per il politico di Roma è colpa del politico locale, che non sa spenderli. La verità, come sempre, sta nel mezzo, e la risoluzione dei problemi implica l’impegno dell’una e dell’altra parte. C’è la cultura dei doveri, oltre a quella dei diritti. Nella “Repubblichetta” della Basilicata c’è inoltre l’errata convinzione che i nostri problemi possiamo risolverli da soli: è inconcepibile. La nostra Regione, la Questione Sud (prima porta del Mediterraneo), vanno posti invece in un’ottica nazionale, europea. Si è portati a credere che quello che ci riguarda sia soltanto un divario economico, quando invece è un vero e proprio divario “di cittadinanza”, che ha origine alla nascita: in settantasette comuni della Basilicata non esiste UNA SOLA struttura a favore dei bambini!

d: Se potesse prendere Bardi sottobraccio, cosa gli direbbe?

r: Di essere più presente, di tenere in maggiore considerazione i giovani disoccupati lucani. La nostra è soprattutto una disoccupazione intellettuale.

d: Bardi ha detto che la polemica sulle sue nomine “napoletane” è…

r: …banale, e ha ragione: perché è ovvio che non dovrebbe essere così! (ride) Oddio, se uno ti porta un Einstein, noi in Regione ce lo teniamo finché è possibile, ma non mi pare che qui da noi lui abbia portato tutti questi Maradona.

d: E al sindaco Guarente cosa direbbe?

r: Che se non si risolve il problema del centro storico non si risolve il problema di Potenza.

d: Il libro che la rappresenta?

r: I libri che ho letto più volte sono “I Fratelli Karamazov”, “I Demoni” e “Il Gattopardo”.

d: La canzone?

r: “L’albero di trenta piani”, ma perché mi piace Celentano.

d: Il film?

r: Non sono un appassionato.

d: Se la sua vita fosse un articolo di giornale, quale sarebbe il titolo?

r: “Si è divertito”.

d: Motivo?

r: Ho fatto il mestiere più bello del mondo, in assoluta libertà, e gli errori commessi sono tutti miei.