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di Antonella Sabia

 

 

 

Potenza è la sua città, che ama, è anche la sua squadra del cuore che è tornato ad allenare a distanza di 13 anni. Potenza è però anche una città che presenta tanti limiti, soprattutto sotto l’aspetto sportivo: abbiamo affrontato l’argomento con Pasquale Arleo, alla guida del Potenza Calcio dal 25 gennaio, chiamato all’impresa salvezza.

d: Secondo lei perché Potenza fatica a crescere sotto il profilo sportivo?

r: Perché c’è una mentalità molto gretta, ho sempre detto che in questa città tutto ti perdonano, tranne il successo.

d: Per quanto riguarda l’impiantistica abbiamo relativamente poche strutture e anche mal ridotte…

r: …E la situazione sta sempre peggiorando, basti pensare a quello che è successo qualche mese fa con il bando “Sport e periferia”, da cui la Città è stata esclusa. Ho dedicato 41 anni alle scienze motorie, conosco in maniera quasi approfondita la tematica dell’impiantistica sportiva ed è stato un lento decadimento: potrei partire dal campo di Macchia Giocoli che doveva essere il campo del Potenza, ma per motivi diversi alla fine non si accettarono offerte di riqualificazione, un campo che non è mai stato completato come da progetto. Potremmo parlare anche di come è stato fatto morire il CONI, un fiore all’occhiello, una struttura al centro della città, diventato deposito di degrado. Ci sono poi le strutture del Principe di Piemonte, e il campo del Seminario, sono stati dei privati ad aver avuto il coraggio di investire, ma i loro alti costi di gestione, alla lunga allontano le società interessate che non riescono a reggere il peso economico. La stessa FIGC, completata dopo tantissimi anni e tantissime promesse, continua ad essere immersa in vecchi ruderi e oltre a non avere una tribuna per ospitare gli spettatori e la stampa, è un campo inadeguato per una città di montagna.

d: Il titolo di Città europea dello sport: covid a parte, dobbiamo pensare ad un’occasione persa?

r: Sicuramente il covid ha inciso, ma sinceramente mi auguro che si faccia ancora in tempo a realizzare qualche impianto sportivo all’altezza di un capoluogo di regione, e soprattutto mi auguro che -se proprio non si riesce a realizzare un nuovo stadio- almeno che il Viviani venga rimodernato come merita, per far sì che chiunque venga, trovi i comfort giusti per vivere al meglio l’evento sportivo; perché ora tra freddo, le strutture sono fatiscenti, nessuna copertura, non è un buon biglietto da visita.

d: Capitolo Potenza Calcio -È stato chiamato a comandare una nave in acque agitate: in una situazione in cui sarebbe stato più facile dire di no, cosa l’ha portata ad accettare l’incarico?

r: Solo il cuore. Molte volte sono stato ferito, anche ingiustamente, da tante persone, più volte è stato detto che sono un traditore della patria, per aver battuto il Potenza nell’anno che vinse il campionato. Ovunque sono andato, credo di aver dimostrato di essere una persona seria, ma comprendo anche il discorso del tifoso. Per me è un lavoro, l’ho sempre fatto con grande onestà e non mi sono mai arricchito, ma dignità ne ho da vendere. Quest’anno, più di tutto, mi ha spinto ad accettare il grandissimo consenso popolare, che assolutamente non mi aspettavo, proprio per come ero stato trattato in passato. Essendo già all’interno del progetto, seppur come responsabile del settore giovanile, oltre alle partite in casa, della prima squadra avevo seguito molte gare in trasferte tra i tifosi: ho proprio sentito quella forza e la voglia di dover provare, perché non è giusto che la mia città, la squadra del mio cuore, debba retrocedere in maniera così inopinata, senza lottare fino alla fine.

d: Al di là della classifica, rispetto alle precedenti esperienze, oggi come si sente?

r: Mi sento orgoglioso di quello che sto facendo e di come lo sto portando avanti, pensavo di essere un po’ retrogrado e indietro rispetto alla nuova generazione di allenatori, ma invece ho scoperto che la mia verve psicologica di motivatore ha ancora il suo fascino e riesce ancora ad attecchire con i calciatori di oggi, che sicuramente hanno una filosofia di calcio un po’ diversa, poiché anche il calcio si è evoluto negli ultimi anni. Ho creato un mixage che sta portando dei risultati, per entrare nel cuore dei calciatori ci ho messo del mio e spero gradatamente di arrivare sempre di più nel profondo. Proprio nella partita di martedì scorso, ho visto una squadra che mi ha inorgoglito per come ha interpretato la gara dal punto di vista mentale, così come nelle precedenti.

d: Cosa si aspetta dalla città, dai tifosi, dalla società fino a fine stagione?

r: Ormai ai tifosi non faccio nemmeno più appelli perché sono talmente maturi e coinvolgenti che già so che saranno sempre al mio fianco. Non sarà Pasquale Arleo, da solo, a salvare il Potenza, ma tutti insieme. Stiamo dimostrando che possiamo ricompattarci vicino a un obiettivo comune, pur di onorare la squadra della nostra città ed è forse la cosa più bella, della quale a missione compiuta, dovremmo andare fieri. Dalla società mi aspetto soltanto che stia al mio fianco, mi supporti in tutte le scelte che sto facendo in questo momento, e devono sapere che una volta concluso questa mission, io sarò sempre a loro disposizione, perché non ho ambizioni di carriera, il mio unico sogno che vorrei realizzare prima di salutare questa terra è vedere nuovamente il Potenza in serie B. Lo si potrà fare soltanto attraverso una programmazione mirata, senza fretta e senza soprattutto svenarsi a livello economico, facendo dei passi giusti, esattamente come si fa a scuola: ai ragazzi si insegna prima a camminare, poi a correre, poi ancora saltare per metterli nella migliore condizione possibile.

d: In quest’ottica di programmazione, se si vuole pensare in grande, deve fare la sua parte anche l’amministrazione comunale, mi riferisco in particolare allo stadio.

r: È una conditio sine qua non, nel senso che la società, gli atleti e i tifosi da soli non ce la possono fare. In questo momento abbiamo fatto tutti quadrato e mi auguro che aldilà del colore politico, tutti insieme possiamo pensare al bene della nostra città in maniera concreta, anche perché nell’amministrazione ci sono madri e padri di famiglia che hanno figli e penso vogliano crescerli in un contesto che dal punto di vista sportivo posso regalare delle soddisfazioni ed essere punto di riferimento per la loro crescita.