di Antonella Sabia

 

 

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Lo scorso primo maggio, si sono aperte le porte della nuova Parrocchia Spirito Santo (il cui logo è opera dell'artista Padre Tarcisio Manta), per i fedeli delle contrade Barrata, Bosco Piccolo, Lavangone, Pian di Zucchero e San Francesco. Adiacente al “PalaBasento” di Lavangone (PZ), la nuova Chiesa rappresenta un luogo di incontro e di unione delle diverse contrade potentine che da anni erano già legate dalla figura di don Carmine Lamonea, con il quale abbiamo affrontato i temi della povertà, della solitudine in questi mesi di pandemia.

d: In questo periodo di incertezze, quali sensazioni ha raccolto dai suoi parrocchiani?

r: C’è stata sicuramente difficoltà tra le persone che partecipavano assiduamente, e che non appena è stato possibile riprendere a dire messa, sono tornate subito in chiesa. Sono parroco in queste contrade dal 2005, in questi mesi, sono stato preso dall’apertura di questa nuova chiesa, è stato complicato visto il periodo, ma abbiamo cercato di creare un polo unico, nonostante continuo ad andare nelle cappelle delle contrade, facendo a rotazione, la domenica mattina. Abbiamo ripreso inoltre un po’ di attività, in particolare l’oratorio estivo con una decina di animatori, che tuttora è in corso: ci sono circa 50 bambini che vi partecipano, mentre al catechismo ne abbiamo all’incirca 83.

d: Con il Covid sono cambiate anche le modalità, abbiamo assistito a processioni solitarie, niente più segno di pace, acquasantiere svuotate. Come hanno recepito queste direttive i fedeli?

r: Lo scambio della pace l’ho sempre fatto dare, non con le mani, bensì con lo sguardo. L'acquasantiera ovviamente l’ho dovuta svuotare come è giusto che fosse. Prima di essere vaccinato, ho sempre celebrato la messa con la mascherina, in particolare nelle cappelle piccole, oggi che sono anche vaccinato, nella chiesa nuova che è molto più grande l’ho tolta. A maggio del 2020, dopo il primo lockdown, celebravo all’esterno delle cappelle vista la buona stagione, così per stare più tranquilli e in sicurezza, addirittura chiedevo ai fedeli di portare le sedie da casa.

d: A proposito degli anziani, si è sentito spesso parlare di solitudine, questo si è verificato nelle contrade?

Le 5 contrade contano all’incirca 1800 abitanti, diciamo che le persone non sono state sempre chiuse in casa, riuscivano ad uscire per andare negli orti, curare gli animali.

d: …rispetto alla città, in campagna si è più liberi?

r: Sicuramente è diverso da come lo si vive in città, perché si può uscire davanti casa, non si entrava nelle case dei vicini, ma qualche parola la potevi scambiare sulla porta, dai balconi. È anche per questo motivo che gli anziani non hanno avvertito molto la solitudine, i parenti abitano sempre nel vicinato, ma soprattutto esiste ancora una sorta di rispetto, di “doveri” nei confronti dei più anziani. È una cosa che avverto nei bambini e nei ragazzi verso i genitori, i nonni, gli zii, e anche questo è il bello della vita delle contrade, una cosa che ammiro e apprezzo tanto.

d: Invece i bambini, come hanno affrontato il ritorno alla “quasi normalità” dopo mesi di chiusure, didattica a distanza e zero attività ricreative?

r: Con molto entusiasmo, con gli animatori abbiamo dovuto riorganizzarci, gestire gli spazi dividendoli per fasce d’età e cercando di creare gruppi, in modo tale che ognuno avesse le proprie sedie, i propri bagni e questo è stato possibile grazie agli ampi spazi della nuova struttura. Stiamo sempre all’aperto, evitiamo i luoghi chiusi per questo l'oratorio si svolge solo di pomeriggio nelle ore meno calde. I ragazzi si sono iscritti sin da subito, con nostra meraviglia e anche un po’ di preoccupazione visto che erano una cinquantina, ma questo dimostra il desiderio di tornare a vivere e l’esigenza di stare insieme agli altri, giocando, pregando insieme.

d: Negli ultimi mesi abbiamo spesso trattato il tema della povertà, ci sono state richieste di aiuto?

r: Richieste di aiuto ce ne sono state, io stesso ho accompagnato due persone alla Caritas diocesana per avviare una sorta di accompagnamento economico. In parrocchia assistiamo 16 famiglie, per fortuna non sono tantissime, non diamo soldi, ma sostegno alimentare. Diciamo che è accaduto soprattutto durante il primo lockdown, che è stato il momento più difficile, ma abbiamo avuto tanto sostegno sia dalla Caritas che dalle associazioni di volontariato cittadine.

d: Il paradosso di cercare di essere più vicini alle persone, dovendo stare però fisicamente a distanza, come l'ha vissuto in prima persona?

r: La vicinanza degli occhi e del cuore è stata fondamentale. Succede ancora adesso con i bambini che tendono spesso ad abbracciarci, talvolta è molto vincolante dover trattenere questa necessità di essere vicini, come per esempio qualche giorno fa in occasione del mio compleanno, non aver potuto ricevere gli auguri. Certamente l’incontro, anche a distanza, è molto importante.

d: Con la pandemia, si è riscoperto un nuovo rapporto con la fede?

r: Credo di sì, credo che durante il tempo di pandemia in molti essendo chiusi a casa, hanno riscoperto il piacere della preghiera, aiutati non solo dai social, ma dalle tv che trasmettevano incontri di preghiera, o le messe domenicali diventate un appuntamento fisso. Nel periodo di lockdown abbiamo preferito sospendere la catechesi, per non caricare ulteriormente i ragazzi e costringerli a stare altre ore con gli occhi sui telefonini/computer, ma appena è stato possibile abbiamo ricominciato gli incontri in presenza.

d: Ad oggi quali sono ancora le paure che accompagnano i fedeli?

r: Alcune persone che avevano paura del covid, non riuscivano a fare la comunione, ma per fortuna in parrocchia non abbiamo avuto molti casi. Non è certo la paura del Covid a frenare chi ha voglia di venire in chiesa.