di Antonella Sabia

 

 

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Quanto ha influito la pandemia sulla vita dei pazienti affetti da diabete di tipo 1? Ecco il punto di vista del Dr Citro, responsabile dell’UOSD Diabetologia-Endocrinologia dell’ASP, di Angela Possidente, presidente Associazione di Genitori e di Giovani Diabetici della Basilicata, e Nadia Errichetti, mamma di una bambina diabetica di 10 anni e mezzo (quinta elementare).

IL MEDICO: «Il soggetto diabetico NON ha una maggiore possibilità di essere contagiato»

D: In quest’anno di pandemia, cosa è cambiato nella gestione dei pazienti con diabete di tipo 1?

R: Il cambiamento più drammatico c’è stato nel periodo del lockdown, dove alla necessità di proseguire il controllo glicemico, si associava l’impossibilità di fare le valutazioni in presenza. Tuttavia questo aspetto è stato superato utilizzando i mezzi che il teleconsulto ci consentiva, attraverso le varie piattaforme o la semplice telefonata, siamo riusciti a mantenere comunque uno stretto contatto, limitatamente alla valutazione del compenso glicemico, che peraltro proprio per le mutate condizioni di vita è variato rispetto allo standard, in particolare nei bambini e negli adolescenti. Abbiamo avuto così l’opportunità di implementare le app per il controllo da remoto, attraverso il trasferimento dei dati, per valutare la capacità di autogestione della terapia, nei vari momenti della giornata.

D:Quanto ha influito il blocco di tutte le attività sportive sulla salute dei pazienti diabetici?

R: Forse è l’aspetto più negativo che si è portato dietro il Covid, ha influito molto soprattutto durante il lockdown, perché l’attività fisica fa parte della terapia del diabete (sia di tipo 1 che 2). Chi aveva l’abitudine di attuare un determinato livello di attività fisica, difficilmente ha potuto replicarlo all’interno delle mura domestiche, e in alcuni casi si è riverberato negativamente sul livello del compenso metabolico.

D:Quali sono state invece le maggiori preoccupazioni delle famiglie?

R: Per quella maggiore, ovvero la relazione tra covid e diabete, abbiamo dovuto fare un’azione di rassicurazione costante perché il soggetto diabetico NON ha una maggiore possibilità di essere contagiato: abbiamo avuto diversi ragazzi che hanno contratto l’infezione e tranne in un caso, in cui i sintomi sono stati lievi, negli altri si è trattato di decorsi asintomatici. D’altra parte, la peggiore prognosi in caso di infezione nei diabetici è legata soprattutto al tipo 2, soprattutto se oltre al diabete ci sono altre comorbidità associate come obesità e ipertensione. Un aspetto importante che vedremo in futuro, in realtà, è che questo tipo di virus, come il precedente SARS-CoV-1, ha un tropismo particolare anche per le betacellule, quindi non sappiamo se potrà portare un incremento dei casi di diabete giovanile. Una cosa che ho riscontrato e ritrovato nella letteratura, è la riduzione delle neo diagnosi nel periodo di lockdown: non è da attribuire ad una minore attenzione rispetto ai sintomi, perché il diabete di tipo 1 sorge in maniera acuta, ma è verosimile che la protezionistica alla quale ci siamo sottoposti, abbia ridotto i contatti tra un bimbo potenzialmente predisposto al diabete e in generale i virus che possono entrare nella patogenesi del diabete. Per quanto riguarda le famiglie, c’è stato anche un periodo in cui ho avuto tantissime richieste per evitare il ritorno a scuola in presenza, ma non essendoci alcun rischio in più, non c’era alcun motivo di assecondare questo tipo di richiesta.

D:I pazienti diabetici rientrano tra i soggetti fragili, ma oggi non esiste ancora un vaccino idoneo per i minorenni.

R: Esatto, anche se pur chiamandolo “diabete giovanile”- poiché insorge in età giovanile- in questo momento la stragrande maggioranza sono over 18.

D:In questo caso, c’è differenza tra un vaccino e l’altro?

R: Ci sono regioni che hanno fatto la scelta di inserire i diabetici tra quelle persone che devono ricevere il vaccino a mRNA, per parlare più chiaramente Pfizer e non AstraZeneca. In realtà l’OMS, che dovrebbe essere il massimo organo a darci raccomandazioni di questo tipo, inserisce anche AstraZeneca per le persone che hanno patologie come il diabete.

D:La Basilicata come si inserisce in questo discorso?È stato fissato un calendario?

R: La nostra regione non ha una normativa precisa da questo punto di vista, proprio nell’ultima riunione della Commissione Diabete che si è tenuta martedì, abbiamo sollecitato una presa di posizione, che però per quanto riguarda noi diabetologi non deve prevedere l’esclusione dei diabetici dalla somministrazione di AstraZeneca, proprio per quello che dicevo prima. Non c’è ancora un calendario in Basilicata, ma posso affermare con certezza che in nessuna regione italiana sono cominciate le vaccinazioni dedicate ai pazienti con diabete.

L’ASSOCIAZIONE: «Procedure burocratiche farraginose che non si riescono a superare»

D:Come sono cambiate le attività di AGGD Basilicata?

R: Questa pandemia mondiale più di ogni cosa ha limitato gli incontri tra le persone, ha fatto sì che non si potessero tenere iniziative in presenza, che in quest’ultimo anno sono state dirottate online. Abbiamo infatti celebrato la Giornata Mondiale del Diabete a novembre proprio attraverso una video conferenza e nel prossimo mese di aprile terremo un ulteriore incontro online, volto a informare e sensibilizzare medici di medicina generale e pediatri sui sintomi per poter riconoscere l’esordio in maniera preventiva, ed evitare una serie di complicanze oltre che l’ospedalizzazione di bambini o ragazzi, che comunque rappresenta un momento molto critico. Più di altri, si è venuto a modificare uno dei servizi cardine della nostra associazione, cioè l’accoglienza delle nuove famiglie nel momento in cui vengono “investiti” dal diabete di tipo 1. L’accoglienza dei nuovi esordi solitamente era caratterizzata da un abbraccio, una carezza e dalla consegna del nostro fantastico peluche Lino: da un anno, il tutto si limita ad una telefonata alle famiglie che ci vengono segnalate dall’équipe medica che li segue e successivamente, solo per pochi istanti, ci si organizza per consegnare a distanza e in luogo aperto la nostra mascotte, proprio per attenerci alle disposizioni per il contenimento del Covid. Abbiamo dovuto rinunciare, per ora, anche al nostro progetto “A scuola con il diabete”, attraverso cui entravamo nelle scuole lucane proprio per sensibilizzare e far conoscere la malattia al personale scolastico.

D:Quali sono state le richieste dei vostri associati e le paure delle famiglie di bambini e ragazzi con diabete di tipo 1?

R: All’inizio del primo lockdown, la preoccupazione maggiore dei genitori era relativa alla paura che il virus potesse scatenarsi in un soggetto diabetico, già particolarmente colpito da una serie di complicanze e di stati d’animo; in realtà fin da subito si capì che la propensione a contrarre il virus era la medesima in tutti i soggetti. Le preoccupazioni dei genitori si sono poi riversate su una serie di ritardi nell’erogazione dei presidi medici per il controllo e la gestione della glicemia. Tutt’oggi sussistono queste problematiche, a causa di procedure burocratiche farraginose che non si riescono a superare: questi presidi, che rientrano nei LEA, non possono essere acquistati autonomamente, ma vengono distribuiti previa richiesta dell’Asl. La pandemia, limitando i momenti di incontro, ha impedito inoltre alle famiglie di scambiarsi eventualmente questo materiale. La stessa associazione, organizzando giornate formative, pranzi e gite fuori porta garantiva precedentemente momenti di convivialità tra famiglie, in cui scambiarsi informazioni, esperienze, per non sentirsi soli in un momento difficile.

LA FAMIGLIA: «…invece il rapporto col pediatra è migliorato»

D:Come si sono modificate le abitudini di sua figlia tra lockdown e blocco di attività sportiva e sociale?

R: Essere affetto da diabete di tipo 1 prescinde dalla situazione che i bambini hanno vissuto: non potendosi più vedere, non hanno avuto la possibilità di crescere insieme, nel caso di mia figlia che non ha fratelli, rapportarsi solo con gli adulti ha influenzato molto la sua crescita in quest’ultimo anno. Con la DAD, poi, è mancata anche la socializzazione con i compagni, che è pesata soprattutto a chi come mezzo di comunicazione, cercava il contatto fisico. Sicuramente non fare più attività fisica, non poter uscire, mi fa percepire una sorta di assuefazione alla situazione, si è talmente abituata che a volte non vuole uscire più. L’impossibilità di svolgere attività fisica in casa, ha poi influito sicuramente sul diabete, poiché se ti muovi e fai un certo tipo di allenamento, anche i valori vengono tenuti più a bada.

D:Da mamma, ha avuto maggiore preoccupazione quando si è riaperta la scuola?

R: Per quanto mi riguarda non ho mai pensato che il diabete di mia figlia, potesse aggravare la sua situazione, anche perché all’inizio si parlava del fatto che i giovani non sviluppassero una patologia con complicanze importanti.

D:Per quanto riguarda invece le visite è cambiato qualcosa?

R: Per quanto riguarda il pediatra in qualche modo la situazione è anche migliorata, poiché dovendo fare ogni mese le impegnative per striscette e lancette per l’insulina, invece di andare fisicamente, la procedura si è velocizzata grazie all’e-mail che viene inviata direttamente in farmacia. Per quanto riguarda le visite dal diabetologo, nel nostro caso era in programma a maggio poco dopo le riaperture, perciò nel lockdown non è cambiato molto.