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di Antonella Sabia

 

Sono trascorsi 40 anni dal disastroso terremoto del 23 novembre, eppure a Bucaletto sembra che il tempo si sia fermato. Sulla Cittadella sorta post sisma nella periferia di Potenza, per troppo tempo simbolo di abbandono e degrado, anche i media nazionali hanno più volte acceso i riflettori. Ne abbiamo parlato con Rocco Quaratino, presidente dell'Associazione “Città bella”.

D: Che ricordo ha di quel giorno di 40 anni fa?

R: Ero un quattordicenne che credeva nell’allegria e nella spensieratezza. Abitavo a rione Lucania e quel giorno ero fuori con i miei amici, all’improvviso avertii questo grandissimo boato, ma lo abbinai ad una esplosione di una bombola di gas. In seguito il palazzo dove abitavo, lo dichiararono inagibile e nei giorni successivi andammo nella palestra Caizzo, in costruzione, dove rimanemmo qualche settimana. Ebbi la fortuna di avere una sorella che abitava a Civitavecchia, ci trasferimmo un po’ di mesi lì.

D: Oggi abita a Bucaletto?

R: Si nella casa di mia mamma, poiché in seguito al Terremoto del ‘90 venne catapultata li, la palazzina di Rione Lucania si rese inagibile definitivamente.

D: Oggi a Bucaletto quante famiglie vivono nelle “casette”?

R: Sarebbe opportuno chiamarle un agglomerato di legname fatiscente, senza manutenzione, che ospita delle famiglie. Hanno fatto il loro tempo non possono stare più in piedi, col tempo sono diventate inabitabili. Ad oggi ci sono 320 famiglie circa che abitano nei prefabbricati, senza contare quelle 70-80 famiglie che hanno usufruito del bonus regione, si sono spostate in abitazioni per consentire lo smantellamento della zona 7 e 8, per dar vita alla prima ricostruzione di 125 alloggi.

D: Quante di queste famiglie sono ancora quelle sfollate del Terremoto '80?

R: Nel tempo la popolazione si è modificata, Bucaletto è stata utilizzata come “sfogo sociale”, chi aveva lo sfratto, chi non aveva la possibilità di pagare un fitto veniva poggiato lì. Del Terremoto dell’80 restano al massimo 20 famiglie, del Terremoto del '90 ne abbiamo ancora una quarantina.

D: Abitare in questi prefabbricati ha un costo?

R: Assolutamente sì, vengono catalogate come abitazioni popolari, quindi si paga una quota di circa 100 € al mese, ma è un paradosso visto lo stato dei prefabbricati.

D: Sono sorte diverse unità abitative negli anni, ma oggi a che punto siamo?

R: Quei 100 alloggi di via Mallet si riferiscono a 6-7 anni fa, palazzine dell’Ater in concerto con il Comune. Sono tutte abitate, assegnate anche a famiglie di fuori Bucaletto, forze dell’ordine, immigrati. Di quelli che vivevano nei prefabbricati ve ne sono andati ben pochi.

D: Ci sono progetti per il prossimo futuro?

R: Maledetto Covid che ci ha bloccato! Come presidente dell’associazione “Città bella”, avevo esortato l’Ater ad accelerare le pratiche per gli accertamenti geologici e tutti gli iter burocratici. Oggi aspettiamo solo la posa in opera della prima pietra, per i primi 75 alloggi voluti dal Piano città e dal Comune di Potenza nella zona 7 e 8, che era stata sgomberata.

D: Come associazione vi occupate anche di altri progetti?

R: In collaborazione con la Caritas, trattiamo molto l’aspetto sociale, occupandoci di chi ha bisogno di vicinanza, ma anche di alimenti.

D: Si può dire che a Bucaletto c’è ancora una fetta di povertà?

R: Non direi proprio, perché altrimenti diamo un’immagine di Bucaletto non reale. Esistono diverse tipologie di famiglie, una piccola parte di queste vive ancora in difficoltà.

D: L’amministrazione comunale è presente nel quartiere?

R: Il sindaco, prima ancora di diventarlo, firmò con me un accordo per la riqualificazione, per riportare un minimo di dignità al quartiere, apportando alcuni lavori di manutenzione. Siamo in sintonia su quella che è l’azione da fare all’interno del quartiere, oggi siamo stati costretti a fermarci per via del virus. La rinascita parte sicuramente dalla costruzione della nuova Chiesa.