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di Antonella Sabia

La scorsa settimana, su queste pagine, ci siamo occupati con Luigi Cecere, geometra del Comune di Potenza presso l’Ufficio Manutenzione Immobili, della situazione di alcuni edifici vuoti e in disuso in città. Ci aveva detto che “sono gli amministratori che stabiliscono che tipo di intervento bisogna fare e quale destinazione bisogna dare al plesso abbandonato o in disuso”, per questo abbiamo interpellato due assessori comunali, Antonio Vigilante, (Vice Sindaco - Urbanistica - Lavori Pubblici - Condono e Ricostruzione) e Fernando Picerno (Politiche Sociali e Abitative - Bucaletto - Istituti di Partecipazione – Manutenzioni), per dare seguito al discorso su questo tema molto complesso, chiedere il loro parere e conoscere lo stato dell’arte di alcune opere.

 

VIGILANTE


D: Alcuni immobili oggi in disuso, potrebbero essere riqualificati per ospitare nuove aule per il prossimo anno scolastico?

R: Ad oggi è stato possibile fare un lavoro di adeguamento delle strutture attualmente in uso, una riorganizzazione degli spazi interni. Dove non è stato possibile, valuteremo altri luoghi in prossimità, anche se non tutti consentono il riutilizzo, perché per alcuni plessi essere riattivati e resi di nuovo efficaci, sarebbe necessario uno studio di vulnerabilità e adeguamento antisismico. Su questo fronte siamo attivi, per esempio per la scuola di Via Appia, abbiamo già un finanziamento per adeguarla e restituirla al suo esercizio originario. Un’altra struttura che sicuramente verrà riutilizzata è quella di Via delle Acacie, che dal punto di vista strutturale non è particolarmente critica. Molto spesso, tante delle strutture che agli occhi della cittadinanza sembrano in disuso e dismesse, non fanno parte del patrimonio comunale, ma sono di proprietà di altri enti o privati: stiamo però lavorando anche su questo, siamo in attesa dei decreti attuativi del SismaBonus, che sostanzino i perimetri della fattibilità tecnica-economica, potrebbero essere un incentivo in più per riaprire il discorso di riqualificazione di strutture urbane dismesse.

D: I tempi sono abbastanza ristretti per il discorso scuola, i fondi già ci sono?

R: Il finanziamento ministeriale che ci è stato riconosciuto per gli adeguamenti delle aule post Covid, è veramente irrisorio, si parla di una cifra di 400.000 € per circa 35 plessi scolastici, è la cifra destinata ad una popolazione studentesca di 6000 persone come quella di Potenza (scuola dell’infanzia, elementari e medie).

D: Avete tenuto degli incontri con i dirigenti scolastici?

R: È un altro passaggio che abbiamo voluto fare proprio per la definizione del layout delle aule. Con ogni dirigente è stata fatta una riunione molto approfondita per capire il rispetto delle norme anti contagio in ogni istituto, trovare una soluzione sulla base della capienza e calcolare il fabbisogno di esuberi di aule.

D: Più in generale le strutture in disuso, rappresentano delle ricchezze da rivalutare o pesi scomodi per la città?

R: Alcune strutture sono inserite nel piano di dismissione del Comune di Potenza, tipo il palazzo Leoncavallo, mentre per esempio in via Fabio Filzi, in un’altra struttura nelle disponibilità del patrimonio comunale, abbiamo avviato un progetto di Housing First, riappropriandoci di uno dei due corpi scala. Più in generale, stiamo pensando di fare un piano di vendita non a corpo unico, ma a singola unità immobiliare, proprio per renderle più interessanti dal punto di vista economico, poiché non contemplano un investimento economico importante, come sarebbe invece comprare le strutture in un unico blocco.

D: Non si è mai pensato di destinare qualche struttura a circoli ricreativi o spazi per i giovani?

R: L’organizzazione dei contenitori chiusi è destinata ad utilizzo più vicino a quello delle associazioni a scopo di volontariato o benefici. Abbiamo palazzo Crisci su questo tema che necessita di un intervento che abbiamo già pianificato. In relazione però alla percezione di utilizzo di luoghi di aggregazione, eventi e attività che possono essere organizzate dai giovani e per i giovani, avendone organizzati in passato diversi, anche lo stesso Sindaco, cercavamo spazi all’aperto, a meno che ci fossero contenitori che ci avrebbero permesso di fare grandi numeri. Sostanzialmente il luogo non è mai stato dirimente ai fini dell’organizzazione.

D: Ad oggi in città è in corso qualche lavoro o ce n’è qualcuno in previsione?

R: Realizzeremo a breve una struttura pubblica in via Verona (zona Don Bosco) destinata all’ufficio anagrafe, uffici di prossimità per i cittadini, dove poter svolgere attività ordinarie come può essere il rinnovo della carta d’identità. Dal punto di vista urbanistico, stiamo portando avanti alcune opere sulla zona F12, fine del Fondovalle, dovrebbe sorgere un fabbricato destinato ad uso pubblico, a scomputo di oneri, su cui sarà da affrontare un dibattito sull’utilizzo di questa struttura. Potrebbe essere una soluzione per portare degli uffici in una zona più centrale, e far partecipare le strutture pubbliche comunali alla città. Allo stato attuale gli uffici pubblici a Sant’Antonio la Macchia sono ubicati in un’ex struttura della provincia.

D: Quindi non di proprietà comunale?

R: Siamo in appoggio, è un accordo per stretta di mano da parte dell’allora presidente della provincia e del sindaco Fierro post sisma, perché c’era la necessità di individuare un luogo per garantire la continuità dell’esercizio della funzione pubblica del Comune di Potenza.

D: Le poche richieste e i mancati acquisti a cosa sono dovuti secondo lei?

R: In buona sostanza le stime hanno a che fare con una logica che non attiene al prezzo di mercato. È vero che il privato venderebbe ad un prezzo anche inferiore pur di monetizzare, ma è anche vero che noi non possiamo regalare la cosa pubblica. Oggi dopo una serie di bandi di gara andati deserti e in ragione di questi incentivi per la riqualificazione, si può immaginare una nuova opportunità per queste strutture. Dal punto di vista normativo ci siamo fatti portavoce presso la Regione della necessità di una modifica regolamentare che consenta uno snellimento delle procedure di acquisizione delle strutture pubbliche, che potrebbe rendere più appetibili questi fabbricati agli investitori e giustificare anche un consumo di suolo inferiore. Si tratta di una dinamica abbastanza farraginosa che avrebbe potuto portar via anche due anni, allontanando in questo modo i possibili acquirenti che dovrebbero investire del denaro per poi aspettare anche 2 anni per iniziare a metterci mano,con il risultato di un business plan che non quadra.

 

PICERNO

 

D: Sono poche le richieste di acquisto degli immobili comunali, perché?

R: Probabilmente i prezzi sono alti, a questo proposito a settembre uscirà un nuovo avviso di vendita in cui le unità saranno sarà spezzettate, magari più appetibili. Stiamo aspettando anche le linee guida per quanto riguarda l’eco-bonus, questo incentivo del 110% che mette a disposizione lo Stato, in questo modo, a mio parere si dovrebbe vendere più facilmente.

D: Si è pensato invece di riqualificare qualcuno di questi immobili per le attività del Comune?

R: Qualche giorno fa c’è stata una conferenza in cui abbiamo annunciato la riapertura del Centro Sociale di Malvaccaro. Con i nostri dipendenti e i percettori del reddito minimo, abbiamo pulito e messo a posto il centro, poiché servirà per le manifestazioni culturali, infatti per fine anno si dovranno cominciare i lavori di sistemazione del Teatro Stabile. Sistemando il Centro Sociale di Malvaccaro, il Comune ha pensato di spostare inoltre la sede di diverse associazioni di volontariato che oggi sono a Palazzo Crisci (di fronte al Don Uva), che deve essere riqualificato. Inoltre destineremo altri spazi vuoti ad associazioni che sono rimaste senza sede e hanno difficoltà economiche.

D: Queste associazioni pagano un fitto al comune?

R: Certo, pagano un fitto che però è sicuramente moderato. Sappiamo di tante associazioni che hanno lasciato le proprie sedi a causa dei costi elevati; per fine anno faremo un avviso pubblico.

D: Ci sono alcuni locali che potrebbero essere destinarti alla comunità, creando spazi per i giovani?

R: Grazie ai fondi ITI, ho messo in campo una idea che avevo da parecchio. Toglieremo dagli immobili in vendita metà corpo della struttura di via Fabio Filzi, dove c’erano gli appartamenti ARDSU per gli studenti universitari, per creare una decina di appartamenti con la portineria dando vita al progetto Housing First, un modello innovativo di intervento nell’ambito delle politiche sociali come forma di reintegrazione sociale.

D: C’è richiesta di questo tipo di strutture in città?

R: Queste situazioni stanno aumentando, nel periodo del Covid ci sono stati 3/4 casi di persone che avevano la necessità di trovare un posto dove dormire. Così facendo invece ci saranno degli appartamenti dedicati. Praticamente una volta creata fisicamente la struttura, il Comune farà un avviso pubblico per affidare la gestione del plesso, a cooperative o società, così come già avviene per il centro diurno per i disabili di Bucaletto.