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Con i bar e ristoranti rimasti chiusi per oltre due mesi e mezzo, anche il settore della distribuzione ne ha risentito, in particolare quella di cibi e bevande, alimenti soggetti a scadenza. È quello che è accaduto a un noto distributore potentino di prodotti surgelati, Nicola Lapolla, che negli scorsi giorni ha dato vita ad una bella iniziativa che ha coinvolto tanti cittadini, donando oltre 35mila gelati, in scadenza. Uno stock acquistato prima dell’emergenza Coronavirus, che sarebbe dovuto essere consegnato ai gestori dei locali in questi mesi in cui tutta l’Italia si è fermata. Abbiamo contattato il sig. Lapolla di Surgelmarket, gestore anche di un punto vendita alla periferia di Potenza, a cui abbiamo chiesto come sono andati questi mesi, e come la gente è tornata a fare acquisti.

D: Come è stata gestita questa iniziativa?

R: Con i decreti che riaprivano i bar solamente alla fine di maggio, ci siamo trovati impossibilitati a vendere determinati quantitativi di gelati. A questo punto abbiamo deciso di contattare sia la Protezione Civile sia altre Associazioni di volontariato per donare questi gelati che erano in scadenza, altrimenti l’alternativa sarebbe stata distruggerli. Sono stati loro a gestire il tutto, la protezione civile ha consegnato sia a Potenza sia in alcuni paesi nella provincia. Noi abbiamo messo a disposizione i nostri mezzi, chiaramente per poterli distribuire anche nelle varie case di riposo.

D: Chi sono stati i destinatari?

R: In primis ospiti delle case di riposo, abbiamo iniziato da queste con l’aiuto dell’assessore Picerno che ci ha indicato dove consegnarli, e in giorni prestabiliti raggiungevamo qualcuno della Protezione civile o del Comune che ci accompagnavano a donare questi gelati. Abbiamo avuto un apprezzamento del sindaco, che ne ha parlato come di un’iniziativa valida. Tanti altri pacchi sono stati poi consegnati ai cittadini venuti a conoscenza dell’iniziativa attraverso le associazioni di volontariato.

D: Durante il lockdown voi avete continuato la vostra attività?

R: Vendiamo sia all’ingrosso sia al dettaglio. Per quanto riguarda l’ingrosso siamo stati completamente fermi perché serviamo per la maggior parte bar e ristoranti, due categorie che sono ripartite solo il 18 maggio, alcuni addirittura non hanno ancora aperto.

D: Mentre per la vendita diretta al cliente?

R: Ci avvaliamo del punto vendita di Varco D’Izzo, dove siamo stati operativi, rientravamo tra le attività commerciali essenziali del primo DPCM. C’è stata una grande frenata, il solo punto vendita rappresenta il 10% del valore dell’azienda.

D: Quali erano le sensazioni dei clienti?

R: Diciamo che c’era un po’ di timore, anche perché all’inizio c’erano tante situazioni non molto chiare, su come si stava evolvendo il virus, ma anche nella comprensione dei decreti. Questa è la sensazione che si avvertiva, in aggiunta alla mancanza di mascherine e guanti che come sappiamo nei primi mesi si faceva difficoltà a trovarle. Pian piano tutti noi abbiamo iniziato a capire come bisognava muoversi e si è iniziato a convivere con il virus.

D: Avete fatto richiesta dei sussidi governativi?

R: Tutti gli agenti purtroppo sono stati fermi per tutto il periodo del lockdown. Abbiamo dovuto mettere in cassa integrazione parte dei dipendenti, per quanto riguarda la vendita diretta si sono alternati con la cassa integrazione. Per quanto riguarda altri i sussidi, momentaneamente no.

D: Come è cambiata la situazione dall’inizio della fase 2? La gente si sente più tranquilla?

R: Siamo ripartiti, ma molto lentamente. Non so se i timori sono legati alla paura, penso piuttosto che ci sia stato un vero e proprio cambiamento nelle abitudini delle persone, nel fare determinate cose o non farle più. Anche perché confrontando quello che si è sentito nelle ultime settimane, con tanta gente nei parchi, o movida serale, penso che non si possa parlare proprio di paura.

D: Potrebbe incidere anche la difficile situazione economica che stanno vivendo molte famiglie?

R: Sicuramente questo incide, perché anche per chi ha potuto accedere alla cassa integrazione in deroga, so che le cifre si aggirano intorno al 60% dello stipendio, e magari tanti altri il lavoro lo hanno perso. Ci sono state le sospensioni di luce, gas e varie utenze, ma primo poi bisognerà pagarle e quindi ad oggi vanno a pesare nell’economia delle famiglie che hanno subito delle perdite.

Ant. Sab.