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di Rosa Santarsiero

Abbiamo rivolto alcune domande ad Aldo Michele Radice (già dirigente, consigliere, assessore nonché presidente del Consiglio regionale), parso fra i più acuti commentatori dell’emergenza Covid-19.

«Se qualcuno mi dovesse chiedere –esordisce- qual è la sua preoccupazione più grande in questo particolare momento, direi la superficialità, quella che si accompagna alla sciatteria».

D: Non la salute, l’essere colpito dal virus?

R: No perché sarei sicuro di essere assistito nel miglior modo possibile dai sanitari locali, magari si può anche morire, ma io sono fermamente convinto che ce l’avrebbero messa tutta.

D: E allora perché la superficialità?

R: È abbastanza semplice. Nel ribadire che bisogna innanzitutto pensare alla salute e a salvare la vita delle persone più gravi, quelle a rischio, quelle intubate in rianimazione, è evidente che in una situazione così vasta e imprevista la classe politica si trova impreparata, sguarnita, ma è pur vero che dopo un po’ ci si orienta e si adottano misure tempestive e adeguate. È troppo facile e comodo pensare di governare la noiosa quotidianità, ci sono anche i momenti difficili come questi. Se non si è in grado allora si deve pensare responsabilmente di andare a casa.

D: Si riferisce all’apparato politico locale?

R: Non solo, a me pare che inizialmente è mancato un raccordo tra Governo e regioni e ancora, per alcuni aspetti, permane. È pur vero che il Coronavirus si è manifestato in modo difforme sul territorio nazionale, ma alcune indicazioni dovevano essere comuni per tutte le regioni e più stringenti per quelle gravemente colpite. A livello regionale i comportamenti, le dichiarazioni di chi oggi gestisce la cosa pubblica sono per lo più incommentabili, senza valutare poi le fantasiose decisioni. Si smantella il centro preposto di Pescopagano, già attrezzato di tutto punto, per Venosa da attrezzare completamente, ma neanche questa sede va poi bene e si pensa a Villa d’Agri. Strutture sanitarie itineranti che dovrebbero essere inseguite dai potenziali malati, quelli gravi. Bisogna quindi affidarsi alla fortuna perché il fenomeno non si espanda oltre misura in Regione.

D: Perché la sciatteria?

R: Le dichiarazioni rilasciate, le interviste televisive, i comunicati sui social o le relazioni ufficiali dei responsabili politici e amministrativi sono di una tale gravità da far comprendere che ci si trova di fronte a farneticazioni, a parole srotolate in piena libertà.

D: Lei pensa ad un rimpasto della Giunta regionale, all’apertura di una crisi?

R: Oggi sarebbe la cosa peggiore, ma una volta passata la fase acuta aprire una verifica è indispensabile. Si può mai immaginare che siano questi stessi personaggi in grado di individuare misure idonee per riavviare l’economia regionale? Addirittura alcuni comparti rischiano di andare in crisi, come il trasporto pubblico locale. Si chiede alle aziende di assicurare il servizio a prezzi invariati da decenni, ossia si impone il servizio a spese delle attività, con conseguenti perdite, mentre dall’altra parte si spalmano a più non posso le risorse finanziarie. Non mi stancherò mai di dire che oggi i fondi vanno orientati soprattutto su ciò che questa pandemia ha messo in forte evidenza e in crisi. Bisogna valutare innanzi tempo il quadro completo dei bisogni e dei fabbisogni dei comparti produttivi per rimettere presto e bene in moto l’economia regionale, impedendo nel contempo ciò che è sempre in agguato: speculazione, arrivismo, malafede, truffe e operazioni delinquenziali.

Ancor più occorre invertire e rimettere in discussione alcune scelte politiche, programmatiche, decisionali che hanno segnato quest’ultimo decennio.

D: A cosa si riferisce in particolare?

R: Le faccio qualche esempio. Non è indifferente capire da dove si prelevano tutte le risorse finanziarie occorrenti a livello nazionale per una efficace e concreta ripresa. Ogni forza politica o leader o categoria professionale oggi fa a gara a chi le spara più grosse, ma nessuno ci dice da dove proviene questa massa di fondi e, cosa più importante, se costituiranno debiti futuri per gli Italiani. Non ci dicono a quali settori o aziende andranno e con quali criteri di trasparenza. Mi chiedo: andranno anche a quelle aziende che hanno inquinato a più non posso fino ad oggi e che continueranno a farlo? A quelle che speculano tuttora, approfittando del bisogno e della paura della gente per innalzare ingiustificatamente i prezzi. Dalle dichiarazioni pubbliche parrebbe di sì. Quindi significa interventi in maniera indiscriminata con tutte le negatività che si trascineranno inevitabilmente dietro.

D: Lei che cosa proporrebbe?

R: Innanzitutto bisogna salvaguardare le imprese, quelle aziende sane. Pensare ad una riconversione di quelle in crisi verso settori innovativi con la garanzia della salvaguardia dell’ambiente e della salute umana. Puntare sulle aziende che nel tempo hanno garantito i posti di lavoro e l’applicazione dei sistemi di sicurezza. Bisogna lavorare per immaginare da subito interventi di questo tipo, ma non vedo esperti o politici che si cimentino su questi nuovi ed esaltanti scenari. Sento solo dichiarazioni di carattere generale quali: “soldi per tutti, nessuno rimarrà indietro”. Un vero e proprio assalto alla diligenza.

D: E a livello regionale?

R: Vede, questo sistema ha evidenziato un aspetto enorme e trascurato nelle interminabili discussioni televisive, ossia la mancata analisi sulle scelte che hanno privilegiato l’accentramento, da quello dei servizi a quello delle attività produttive, da quello sanitario alle infrastrutture, con tutta una serie di negatività quali una più facile diffusione delle epidemie e l’ingolfamento con conseguente criticità delle strutture pubbliche. In altri termini l’eccessivo inurbamento non sembra essere più la visione ideale di una società che risponda adeguatamente alle problematicità poste in evidenza dal Coronavirus. La politica centripeta fatta anni addietro ha favorito soltanto lo svuotamento e lo spopolamento delle aree di periferia, delle aree rurali e delle aree montane con tutte le conseguenze negative che si stanno quotidianamente registrando. La Basilicata ne è un esempio concreto. Allora mi chiedo questo è un tema che va affrontato o no in regione? E da chi? Questa classe politica e dirigenziale, avulsa da questo contesto territoriale e dalla sua conoscenza, ne è all’altezza?

D: Quindi?

R: Questa pandemia pone fortemente in discussione l’attuale sistema economico basato sul raggiungimento primario del profitto, sugli interessi di parte, sullo sfruttamento delle persone, sull’uso indiscriminato delle risorse naturali, sull’accumulo delle ricchezze in poche mani, sulla indifferenza verso le fasce più deboli, sull’egoismo dilagante. Questa pandemia fa emergere l’esigenza di nuovi equilibri, la necessità di riscoprire valori abbandonati siano essi sociali o economici, ma aggiungerei anche esistenziali e religiosi. Tutto questo va studiato, analizzato e compreso per tempo. Compito sicuramente arduo, ma necessario prima che il tutto si tramuti in una ben più grave e diffusa pandemia, senza poterla più addebitare ad un virus. In sintesi l’uomo deve ritornare ad essere il centro delle future azioni politiche, sociali ed economiche.