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di Walter De Stradis

 

 

Il pranzo qui narrato ha avuto luogo giovedì 5 marzo scorso: casualmente, il giorno in cui la UIL compiva settant’anni. Il neo-segretario regionale, Vincenzo Tortorelli, è un (quasi) cinquantenne dal volto giovanile che asserisce di essere stato un “inseguito”, più che un “inseguitore”, del percorso che a gennaio scorso lo ha portato al vertice del sindacato.

D: Come giustifica la sua esistenza?

Forse c’è qualcosa nel mio destino. Sono nato in Svizzera, figlio di emigranti; mio padre era operaio e voleva fortemente tornare in Basilicata. A un certo punto il sogno si realizzò perché fu chiamato dalla Ponteggi Dalmine e iniziò la sua storia da metalmeccanico qui a Potenza. Fu così che cominciai, piccolissimo, ad abituarmi al profumo della fabbrica…

D: …profumo?

R: Sì, ricordo che lui tornava a pranzo e mi prendeva in braccio, e io sentivo questo odore forte della tuta azzurra. Ricordo anche le scottature sul suo collo… ero molto incuriosito dal suo mondo.

D: Finché non fu lei stesso a diventare operaio.

R: Come dicevo, il destino. A venticinque anni non tentennai e risposi con entusiasmo alla chiamata della Fiat di Melfi. Fui assunto: catena di montaggio, verniciatura. Mio padre però mi disse: “Iscriviti al sindacato”.

D: E lei scelse la Uil. Perché?

R: In Fiat allora i sindacati non c’erano ancora, feci una ricerca e mi riconobbi nella UIL, sindacato riformista e moderato. All’epoca era raro che un giovane diventasse subito militante e pertanto fui presto inserito nel direttivo… e alla fine eccomi qui. (sorride)

D: Entriamo subito negli argomenti caldi. CoronaVirus: la Regione Basilicata come sta gestendo la situazione?

R: Il primissimo provvedimento, quello di domenica 23 febbraio, l’abbiamo giudicato abnorme e sbagliato: ha generato grande confusione. Il Governatore, pur nelle sue prerogative, non deve decidere da solo, senza concertazione con le parti sociali. La mattina dopo, infatti, non si è capito più nulla, siamo stati assaliti da telefonate e lamentele: all’ingresso di fabbriche e stabilimenti erano stati lasciati fuori tecnici e lavoratori da ogni parte d’Italia. Il provvedimento successivo, quello limitato agli studenti, è stato ancora peggio: siamo stati derisi da tutta Italia. Certo, alla luce dei fatti successivi, un provvedimento ANDAVA preso, ma non in quei modi, bensì con controlli e monitoraggi stringenti.

D: Fretta, paura, inesperienza?

R: Fretta, sicuramente, ma intanto siamo stati gli unici, in Italia, a mettere in campo un garbuglio del genere. Oggi, pertanto, è più che mai importante rivedersi, confrontarsi, per governare tutto quello che può avvenire. E’ chiaro che ci saranno degli effetti sull’economia e sulla produttività dei Lucani. L’errore da evitare adesso è sottovalutare il problema, ci metterebbe KO.

D: Secondo lei si arriverà a chiudere anche le fabbriche?

R: Al momento bisogna alzare dei muri di sorveglianza, monitoraggio e controllo, soprattutto all’indotto di Melfi, che ha un bacino di affluenza di 200 chilometri, e nelle strutture sanitarie. Non dimentichiamo che la nostra è una regione con moltissimi anziani.

D: Oggi è il primo giorno senza scuole…

R: … ripeto, non bisogna sottovalutare, pensando chessò che sia arrivata una sorta di vacanza aggiuntiva. Il rischio è di commettere ulteriori errori, magari portando i figli dai nonni e allargando così situazioni di promiscuità potenzialmente rischiose.

D: E cosa mi dice degli operai nelle fabbriche?

R: Beh, il mio messaggio agli operai è di porre massima attenzione alle disposizioni in materia di igiene: se un lavoratore avverte un qualche tipo di sintomo lo deve comunicare immediatamente. L’operaio -com’è sempre stato, tra l’altro- deve essere molto responsabile.

D: E i datori di lavoro?

R: Che mettano un po’ da parte il profitto e i rischi economici, perché se c’è da fare delle scelte coraggiose per salvaguardare il loro patrimonio umano … beh, occorre rimettere al centro le persone. Ritardare una decisione, anche coraggiosa, di 24 ore, oggi può rivelarsi un danno enorme. Occorre trovare un equilibrio fra le due cose, e comunque le tre sigle hanno chiesto maggiori risorse sugli ammortizzatori sociali, perché i costi di questa situazione non si possono scaricare solo sull’impresa.

D: Cambiando argomento, ma rimanendo sul lavoro, alla Regione Basilicata c’è maretta. Il personale è in stato di agitazione e voi sindacati avete chiesto un incontro a Bardi.

R: Da quando si è insediato questo governo regionale non c’è stato alcun momento di confronto sui temi e gli assi portanti, ed è quanto chiediamo. Quota 100 ha causato una fuoriuscita delle competenze, di persone che da anni reggevano la macchina amministrativa, e ora bisogna recuperare con l’immissione di eccellenze, di giovani. Certo, i concorsi da fare non possono limitarsi ai Lucani, ma bisogna creare occasioni per dare spazio ai NOSTRI giovani.

D: Ha toccato un argomento molto controverso. Bardi ha recentemente bollato come “villania” la polemica riguardante le iniezioni di “napoletanità” e la nomina di dirigenti campani nella macchina amministrativa regionale.

R: La Basilicata, come ben sa, è stata SEMPRE terra di conquista e qualche tempo fa la giunta regionale era addirittura composta da assessori non lucani. Il Presidente può scegliere la sua squadra e non sono ideologicamente contrario a chi viene da altre regioni, ma una classe politica che vuole realmente cambiare e che vuole dare un segno alla comunità, comunque una riflessione la deve fare e deve partire da questo. In Basilicata le eccellenze LE ABBIAMO, e una scelta diversa non depone bene, specie se operata da chi si è proposto come un governo del cambiamento dopo 50 anni di centrosinistra. Ci si attendeva segnali importanti sulla meritocrazia e su tutti i temi che erano stati nell’agenda di quella che una volta era stata l’opposizione: se sono state fatte le scelte a cui accennava, vuol dire che non sono arrivati. Ma, ripeto, tutto questo accadeva anche prima, e bisogna dirlo con onestà intellettuale. Riconosco al Governatore l’apertura che ha fatto convocandoci per il 13 marzo: mi auguro che si apra una nuova fase che metta al centro il lavoro, i nostri giovani e la nostra Terra. Credo che capire dove mettere le risolse economiche del patto e del ri-patto sul petrolio, faccia finire in secondo piano tutto il resto. Con i soldi delle royalties si deve creare un fondo per le generazioni future, Total ed Eni, inoltre, devono portare qui in Basilicata imprese che lavorino sulla transizione energetica, su tutto ciò che si può ricavare degli idrocarburi. Senza contare che la nostra regione ha un ingente bisogno di infrastrutture. Questi sono i segnali che si deve dare.

D: Ma perché, per parlarne con la Regione, avete dovuto aspettare il 13 marzo?

R: Ce lo chiediamo anche noi. Non saprei dire se abbiamo dovuto pagare lo scotto dell’ impreparazione di una giunta che doveva entrare a regime…ma io credo che all’inizio ci sia stata, come al solito, una non-volontà di dialogare con le parti sociali. In effetti c’è sempre quell’atteggiamento di voler decidere in autonomia e parlare delle cose quando sono già fatte, ma accadeva anche col centrosinistra. E l’occupazione non si crea con i decreti.

D: Ma se potesse prendere Bardi sotto braccio cosa gli direbbe?

R: Di comportarsi da uomo che ama la sua Terra e perciò di mettere insieme tutte le persone che POSSONO fare qualcosa per questa Terra. Se vuole bene a questa regione, deve agire subito, senza perdere tempo. Guardi, da quando sono entrato nella stanza delle segreteria generale UIL… non le dico quante famiglie vengono ogni giorno, perché non ce la fanno proprio. Non reggono più. E il polso reale ce l’hanno anche i politici, perché la gente si rivolge pure a loro. Non ci si può girare dall’altra parte.

D: Il gap di ingiustizie qui da noi è molto alto?

R: Molto, perché deve considerare anche i Lucani che vivono fuori o quelli che ogni giorno sono costretti ad andarsene. Prenda il capoluogo: s’è completamente svuotato di opportunità.

D: Al San Carlo si sta complicando la questione infermieri: di recente c’è stata la denuncia della Fials su un riferito demansionamento di queste figure, solo l’ultima delle polemiche registrate sul nosocomio nell’era Barresi.

R: Anche questo problema, quello dei direttori generali al San Carlo, c’è sempre stato e sempre ci sarà, finché sarà la politica e decidere chi debba governare una struttura del genere. Il nostro ospedale non è poi così malmesso, la stabilizzazione dei precari è stata un primo segnale, ma bisogna continuare su questa strada e fare delle scelte coraggiose, ma, come le accennavo, per fare questo ci vuole un manager con le mani libere. Perché il San Raffaele di Milano o il Sant’Anna di Pisa funzionano? Cerchiamo di prendere esempio dalle eccellenze! Bisogna poter operare scelte scevre da possibili condizionamenti. Detto questo, sugli infermieri del San Carlo stiamo ponendo la massima attenzione. La Uil è il primo sindacato nel nosocomio.

D: Il film che la rappresenta?

R: In questo momento, direi “I Tre giorni del Condor”, il film con Robert Redford (ride). Il nostro è un mondo difficile, e io cerco di sopravvivere.

D: La canzone?

R: “Futura”, di Lucio Dalla. Il testo mi rimanda a quell’immagine dei miei genitori, seduti su una panchina in Svizzera, che pensavano al futuro del figlio che doveva nascere.

D: Il libro?

R: “Quel pane da spartire”, di Giovanni Mazzetti. Parla degli anni 80, ma la condizione economica attuale è molto simile. La nostra sta diventando una società per pochi.

D: Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?

R: «La vita è bella e un nostro sorriso può aiutare gli altri».