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La prima volta si candidò al consiglio comunale di Potenza a soli 19 anni: a distanza di dieci, Fabio Dapoto, geometra perito assicurativo con una zazzera di capelli rossi alla Valderrama (numero 10 della Colombia anni 90), è stato eletto nelle fila di Forza Italia, a sostegno del candidato sindaco (poi eletto) Mario Guarente.


Come giustifica la sua esistenza?
Credo che ognuno di noi possa offrire un contributo positivo all’umanità, dunque se è possibile creare qualcosa con idee e azioni pratiche, be’, allora è assolutamente giusto farlo. A scuola ero un rappresentante degli studenti. Per quanto riguarda l’ambito politico, invece, ho sempre cercato di partecipare in maniera attiva, nel tentativo di portare avanti il bene e gli interessi di tutti.


Da dove nasce questa passione? C’è stato un momento preciso della sua vita in cui ha sentito il bisogno di intraprendere una carriera politica?
In realtà mi hanno sempre appassionato i comizi che molti leader politici erano soliti tenere nel quartiere in cui sono nato e cresciuto: Betlemme. La prima volta che ho assistito a uno di questi comizi avevo solamente dieci anni, solo in seguito ho compreso che la politica poteva contribuire a mutare sensibilmente la qualità di vita delle persone. Ad esempio quando frequentavo l’Istituto tecnico per geometri, dopo un’accesa battaglia, siamo riusciti ad ottenere delle attrezzature che avrebbero migliorato notevolmente la qualità della nostra istruzione, come i laboratori e le attrezzature più moderne.


Chi è stato il suo “padrino” politico?
Ho iniziato con Tonino Potenza e proprio lui mi ha dato delle buone nozioni di base, poi l’esperienza politica vera, quella sul campo, è frutto della collaborazione con Luigi Scaglione.


Il Centro è praticamente scomparso, considerando l’esito di queste ultime elezioni.
Credo che effettivamente sia scomparso, ma, allo stesso tempo, sono certo che farà la sua ri-apparizione. Anzi, DOVRA' farla, specie con questa amministrazione comunale. I moderati, infatti, sono quelli che riescono a conferire quell’equilibrio necessario in ogni ambito amministrativo.


Pur essendo stato eletto con Forza Italia, lei si ritiene comunque un moderato di centro.
Assolutamente sì. Mi sono candidato tra le fila di Forza Italia perché lo ritengo il partito più moderato in questo momento.


Forza Italia fa parte, tuttavia, dell’attuale coalizione di governo cittadino, a trazione leghista…
Attenzione, anche la definizione "centro destra" mi sta benissimo, ma certo con essa non s’intende una visione estremista della cosa. Siamo alleati della Lega, anche perché il momento storico ci presenta questo quadro politico, non a caso è stata proprio la Lega a scegliere il candidato sindaco. Intendiamoci, il candidato era ed è perfetto, poiché Mario Guarente rappresenta il giusto rinnovamento, è un giovane ed è la prima volta almeno negli ultimi anni- che viene proposto un candidato della sua età alla carica di primo cittadino. Insomma, è il primo caso in cui la destra è riuscita a presentarsi realmente unita alle elezioni amministrative.


È anche la prima volta che un Capoluogo di Regione del Sud si presenta con un sindaco leghista.
Non credo che c’entri molto la Lega da questo punto di vista, piuttosto la presenza di un candidato giovane con una sua idea ben precisa di rinnovamento e di cambiamento.


Dunque il “fattore Salvini” secondo lei non ha contato più di tanto?
Pochissimo, se non per farci perdere qualche voto al ballottaggio.


Veniamo proprio al ballottaggio. La consigliera Fuggetta (“Basilicata Possibile”), intervistata la settimana scorsa sul nostro settimanale, sosteneva che Tramutoli ha perso anche perché è venuto meno l’appoggio delle contrade, causa “una gestione ancora clientelare dei voti”. Lei abita a Contrada Botte, mi pare: dunque è realmente così?
Assolutamente no, anzi ho letto anche io questa affermazione sul suo giornale e ammetto di non averla capita. Né tantomeno gradita. Le contrade hanno votato Guarente anche perché buona parte della sua campagna elettorale si è svolta proprio nelle zone un po’ più periferiche della città. Mario ha cercato di capire i problemi, stringendo le mani dei cittadini e impegnandosi in prima persona per una soluzione in tempi ragionevoli. In secondo luogo, proprio i residenti delle contrade sono stati dimenticati sia dai precedenti governi di centro sinistra sia dall’amministrazione De Luca.


Secondo lei perché ciò è accaduto? In merito a quale aspetto nello specifico?
Vorrei fare un piccolo esempio. Si cambiano le pensiline per le fermate degli autobus in città per fare spazio a strutture un po’ più nuove delle precedenti, oltre che belle da vedere, mentre in periferia vengono riciclate e installate quelle smontate nei quartieri centrali. A mio avviso questo è un segnale fin troppo chiaro, significa che nella programmazione le pensiline per le zone periferiche non sono state proprio considerate.

 

La situazione dei furti nelle contrade. Secondo lei è stata affrontata nella maniera giusta? Cos’altro rimane da fare?
Il pericolo è sempre presente e sicuramente si può fare molto di più. Occorre una maggiore presenza da parte delle forze dell’ordine, anche se il problema è abbastanza complesso. In realtà, quando tutte le forze entrano in azione contemporaneamente, finiscono per mandare in crisi l’intero sistema controllo, poiché magari vengono bloccati due malviventi, lasciandone altri dieci a piede libero. Il problema va quindi gestito in maniera capillare, non solo dalle forze dell’ordine operanti sul territorio, ma anche e soprattutto all’interno dei campi rom.


Campi rom???
Sì, quelli delle regioni limitrofe (Foggia o Napoli), anche perché ci siamo resi conto che buona parte di questi signori provengono proprio da lì. Ci vuole maggiore controllo sulle strade, al fine di impedirgli di giungere agevolmente in città, per poi ritornare indietro una volta compiute le razzie negli appartamenti. A volte si organizzano proprio con i pulmini.


Lei adesso è anche un rappresentante della sua contrada di residenza, pertanto su cosa crede sia indispensabile intervenire?
È utile sottolineare che, ancora oggi, esistono delle contrade non servite dal metano, e questa è una cosa gravissima, nel 2019. La situazione delle strade, l’illuminazione non funzionante e la mancanza di collegamenti mediante bus urbani, verso il Centro della città, fanno il resto. Oltretutto, visto che i pannelli elettronici non funzionano, sarebbe opportuno creare un’app per controllare le corse degli autobus e la loro puntualità.


Cosa, invece, della vita nelle stesse contrade andrebbe recuperato in città a mo’ di esempio?
Vedo che i cittadini delle contrade sono molto più ben disposti verso l’aggregazione. Una buona apertura da parte dei cittadini crea dei vantaggi non solo tra di loro, favorendo occasioni di confronto e di crescita, ma anche per l’amministrazione stessa, tramite la segnalazione diretta di problematiche specifiche. La stessa cosa può avvenire, infatti, nei quartieri della città, mediante i comitati che dovranno fungere da catalizzatore tra i problemi della gente e il Comune.


Lei ha parlato di alcune pecche dell’amministrazione De Luca. Se dovesse dare un voto all’amministrazione uscente e a quella precedente, ossia di Santarsiero, quali sarebbero?
Credo che il voto inferiore spetti all’amministrazione De Luca, anche perché il sindaco e la sua Giunta sono stati troppo distanti dai problemi dei cittadini, mentre Santarsiero e la sua gestione erano ben radicati sulla città e tutti ascoltavano di buon grado la gente.


L’errore che Mario Guarente adesso non deve commettere?
Non deve rinchiudersi nel Palazzo di Città, i Potentini meritano un rapporto diretto con il sindaco, anche perché sono solo loro a poter fungere da portavoce rispetto ai problemi concreti della città.


Siamo in procinto di conoscere la nuova Giunta. Secondo lei è giusto che si tratti di interni, ossia di persone elette dai cittadini, così come ha fatto il governatore Bardi?
Il metodo è giustissimo, ma vanno valutati a fondo i curricula dei diversi candidati, così da poterli collocare al posto giusto. 


Per Forza Italia si parla di Fernando Picerno, nonostante ci siano alcune riserve a riguardo. Nel suo caso, un eventuale incarico le interesserebbe?
Onestamente no. Il mio sogno è sempre stato quello di diventare membro del Consiglio comunale, preferisco un’esperienza continuativa lì.


Se potesse prendere sotto braccio il presidente Bardi, cosa gli direbbe in via confidenziale?
Di non fare l’errore che hanno commesso tutti gli altri presidenti fino ad oggi, vale a dire quello di tralasciare il Capoluogo di regione a favore dei loro comuni di provenienza, o della provincia. Spero che Bardi, insieme a Guarente, si impegni un po’ di più per valorizzare la città. Come farlo? Mandando i soldi nei posti giusti, ove servono, ossia a Potenza. Noi ospitiamo gli uffici più importanti della Regione e migliaia di cittadini provenienti dai territori ogni giorno (con quel che comporta in termini di auto e autobus in giro per la città), dunque è giusto farlo in una certa maniera, cioè migliorando i servizi, le strade e tutto quanto.


Il film che la rappresenta?
“300”. Sarebbe meglio dire “200”… Già! I voti di scarto fra Guarente e Tramutoli (ride).


La canzone?
“La Cura” di Franco Battiato.


Lei ha citato “La Cura” di Battiato, dunque la domanda nasce spontanea: qual è la cura per la città di Potenza?
Più impegno da parte di tutti. In questi cinque anni bisognerà individuare quattro o cinque punti e lavorare fino al pieno raggiungimento degli obiettivi. In primis? I giovani che sono andati via. Il 70% dei miei coetanei non abita più qui. C’è una parte di loro che mi dice “ma chi te lo fa fare a rimanere”, e altri che vorrebbero tornare, ma per farli rientrare dobbiamo dar loro la possibilità, anche perché si tratta di persone che hanno acquisito capacità importanti, a fronte di esperienze lavorative di rilievo. Anzi, poiché non conosciamo nel dettaglio il numero dei giovani potentini che vivono fuori, né tantomeno dove si trovano, sarebbe opportuno fare un’indagine e creare una “rete” con loro, e avviare rapporti proficui con gli stessi.


Il libro?
“Siddharta” di Hermann Hesse.


Tra cent’anni, cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
“Sono stato un gran rompiscatole”, anche perché chi rompe lo fa sempre nel tentativo di cambiare le cose.