LOLAICOpranzo

Giuseppe Lolaico, classe 1982, ex calciatore (difensore), è uno di quelli a cui la città di Potenza i galloni da “capitano” non glieli ha tolti mai. Avrebbe voluto continuare a giocare a calcio (ha due anni in meno del super-bomber Carlos Franca), ma il solito (a quanto pare irresistibile) presidente Caiata l’ha convinto a diventare “team manager” del suo Potenza. Ovvero un dirigente che, un po’ come il Mr. Wolf di “Pulp Fiction”, ha il compito di “risolvere problemi”.


Come giustifica la sua esistenza?
Da quando qualcuno disse «Chi non ha peccato scagli la prima pietra», mi pare sia passato tantissimo tempo, e che la prima pietra non l’abbia scagliata ancora nessuno. Nella vita sbaglio e ho sbagliato, e continuerò, ma chiedo al Signore di farmelo fare il meno possibile.


Una vita per il pallone, prima calciatore, oggi team manager. Un ruolo tutto nuovo, ma pur sempre nella sua città.
Mi sono spogliato di quella maglietta con il numero dietro, per indossare una camicia. Quando uno fa il calciatore … beh, quelli sono per lo più ritmi fisici, adesso tutto riguarda la mente, e devo ancora abituarmi a questa nuova vita.


Nel 2016 si è conclusa la sua esperienza con la maglia del Potenza, a cavallo con le vicissitudini negative che viveva la società di allora.
Me ne andai perché non rientravo in quel progetto, avevo ancora voglia di giocare, e sono approdato a Picerno, accolto benissimo in una realtà di provincia, piccola ma buona.


Cosa ha significato giocare CONTRO il Potenza?
Sensazioni strane, anche se quando indossi una maglia devi dare tutto comunque per quella maglia, e io l’ho fatto. Anche se, ripeto, non è stato facile gestire quelle sensazioni. Devi cercare di spogliarti di quello che può essere la tua vita sentimentale.


17 Giugno 2007, campeggia la scritta “Chi gn l’avia dì”: qual è il vero significato?
Una vittoria inaspettata. Il potentino lo conosciamo, è bello, simpatico, ma spesso è anche pessimista. Io sono uguale, eh. “Chi gn l’avia dì”: è proprio questa vittoria in cui nessuno aveva creduto. Una data che parecchi ricorderanno.


Quando è stato chiamato come Team Manager, se lo è detto “Chi m l’avia dì”?
In realtà avevo pensato di continuare a giocare a calcio, e avevo avuto anche dei contatti. Poi c’è stata questa chiamata, ho fatto una chiacchierata con il presidente e mi ha convinto a cambiare ruolo.


Qual è la parola che l’ha convinta?
«Ritorna a casa tua». Caiata mi ha convinto perché è una persona che sa coinvolgerti, alla fine chiacchierare non è stato poi così importante: il feeling giusto si è creato subito.


Il giro di campo alla fine di Potenza-Picerno era già propedeutico al possibile ritorno?
No, assolutamente. È stato un ringraziamento da parte mia verso quelli che sono stati i miei colori per tanti anni.


C’è un aspetto del suo ruolo attuale che la preoccupa?
Il rischio di dover mettere da parte la famiglia. Ad oggi sono molto impegnato, ma lo faccio con grande entusiasmo, fervore e volontà.


E qualcosa dell’incarico che la spaventa?
Il mio è un ruolo dedito al “problem solving”. Quando sei dirigente hai una grande responsabilità, devi cercare di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo, in particolare economico. Per esempio, anche solo cercare un appartamento per un giocatore, comporta trovare il migliore al prezzo più conveniente per la società. Mi preoccupa perché è una cosa nuova, devo lavorare con la testa della società.


È consapevole che il suo telefono squillerà h24?
Me ne sto già rendendo conto! (ride). Il telefono prima si scaricava quando andavo a letto, ora basta mezza giornata.


In tutte le fasi della scorsa stagione, la parola d’ordine sembrava essere “stare calmi, non montarsi la testa”. Quale può essere la parola d’ordine di questa nuova avventura?
L’umiltà. Anche quando le cose andavano benissimo a Potenza, io stesso utilizzavo l’espressione inglese “Fly down”, “Vola basso”.


L’errore che il Potenza non deve fare?
Il Potenza è una matricola. Arriva in Serie C in punta di piedi e secondo me deve pensare domenica dopo domenica, senza fare ragionamenti a lungo termine.


Qual è il suo parere, in generale, sullo situazione dello sport in Basilicata? Molte società sono bloccate anche dalle carenze nelle strutture.
Quanti calciatori sono “usciti” dalla Basilicata? Vedo allenatori qualifIcati, società che fanno ragionamenti che a me piacciono e hanno buoni programmi, ma mancano le strutture. Come regione dobbiamo prendere atto di questa situazione, senza fermarci, provare a fare il massimo, anche con l’aiuto di forze imprenditoriali e politiche.


A proposito di questo, dopo la vittoria del Potenza, sono usciti libri, film e quant’altro…qualcuno si è chiesto pubblicamente dove fossero tutti quando la squadra non andava bene.
Penso che sia normale, l’entusiasmo viene perché ci sono i risultati, viene perché il papà o l’amico ti porta al campo, perché a scuola si parla di quello e ti ritrovi coinvolto. Se le cose vanno male, non si può creare quell’entusiasmo. Non si tratta di salire sul carro dei vincitori…


Lei è laureato in Giurisprudenza, ma ha dichiarato più volte che non si sente portato per fare l’avvocato…
Non ne ho il carattere. Mio fratello è avvocato, ma siamo due persone completamente diverse. Io mi faccio prendere psicologicamente dai problemi delle altre persone, invece l’avvocato deve essere distaccato.


Lei è anche uno di quei “capitani”, in un certo senso rimasti tali anche “dopo”. In città ha mai avuto contatti con la politica?
In effetti qualche chiacchierata informale c’è stata, ma mai una richiesta ben precisa. Non dico mai “no” a priori, ma al momento non sono pronto, né interessato. Oggi sono tutto preso dal mio lavoro, che è anche la mia passione.


Da cittadino, Potenza in cosa merita un cartellino rosso?
Mi piacerebbe vedere anche altri sport come protagonisti. Ho seguito spesso anche il basket, la pallavolo, il calcio a 5, sono un malato di sport potentino e mi dispiace vederli tutti così in basso.

 

Invece come servizi, la città su cosa deve lavorare?
Sulla crescita del Centro, che è stato lasciato a se stesso negli anni, ma ora sembra iniziare una piccola ripresa. Per quanto riguarda le infrastrutture, penso che bisognerebbe dare più valore alle scale mobili, un servizio che altre città non hanno. Vorrei vederle più frequentate, ma pochissima gente le usa.


Mi viene in mente un’intervista televisiva al neo presidente del Matera, in cui ha dichiarato di non sapere neanche dov’è Potenza. Cosa gli risponderebbe?
Non sono più un calciatore, oggi sono un addetto ai lavori e bisogna mantenere un grande equilibrio. Lo sport è bello perché ci sono dei valori che nella vita di tutti i giorni non si trovano: occorre avvicinare sempre più i bambini, vederli cantare e appassionarsi. Racconto un episodio. Qualche giorno fa eravamo al mare a Metaponto, e i miei nipoti cantavano “Chi non salta del Matera è”, il mio vicino di ombrellone era un materano, ma noi ci siamo sorrisi e abbracciati. Questo è il bello del calcio. C’è il fervore della partita, lo sfottò è bello, ma deve essere limitato ai 90 minuti.


C’è qualcuno in particolare a cui deve dire grazie?
Ai miei genitori in primis, poi a mia moglie e mia figlia, che mi sopportano e mi supportano.


Da calciatore, ora ex, è anche scaramantico?
Pochissimo. L’unica cosa a cui sono attaccato, è il gatto nero. Se passa davanti la macchina, io aspetto, o se sono da solo, di notte, cambio strada.


Il Libro che la rappresenta?
“Come ottenere il meglio da sé e dagli altri” di Anthony Robbins.


Il Film?
“Forrest Gump”, non mi rappresenta, ma è quello che mi piace di più.


La Canzone?
“Siamo solo noi” di Vasco Rossi. E’ legata a un momento particolare della mia vita.


Tra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
«Qui giace una persona perbene».a