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POTENZA - C. G. è un papà separato. Ha tre figli, due dal precedente matrimonio, uno con l’attuale compagna. Ha lo sguardo limpido e tiene a raccontarci quanto sia stato difficile per un uomo nella sua condizione familiare, doversi fare garante del mantenimento di due famiglie.

“Oltre alle sfaccettature più classiche di povertà, esiste una nuova e sempre crescente categoria di poveri: i papà separati” -ha esordito. “Se sei un imprenditore o un nulla tenente, non dimostrando alcun tipo di reddito questa particolare condizione di vita non ti impone (per legge) di dover passare il mantenimento a ex mogli e nemmeno ai figli. Se, invece, come me si ha una busta paga e si è onesti, si diviene automaticamente indigenti”.


Perché?
Semplice. Oltre al mantenimento doveroso dei figli, c’è (qualora si voglia essere genitori presenti, attenti e amorevoli) da comprare le ricariche telefoniche, da dare le paghette settimanali, da acquistare l’abbigliamento sportivo e non, da pagare le spese per le gite e le uscite con gli amici, da onorare i debiti contratti con finanziamenti e quindi i mutui sulla casa in cui i ragazzi vivono. Ciò porta a dover sopravvivere con un netto di 350 euro al mese.


E come si riesce?
Io devo dirmi fortunato, perché sono stato aiutato dai miei congiunti e poi dalla Caritas Diocesana; ma so di persone che dormono in macchina, che non riescono per niente ad andare avanti, che si danno al gioco e perdono tutto. Irrimediabilmente.


Che tipo di sentimenti si provano, in una situazione così complessa?
Ci si sente distrutti come persone, avviliti, prossimi al “nulla”; bisogna continuamente arrangiarsi, privarsi di molto e non sempre si è capaci di chiedere aiuto. Ci si nasconde e si è rassicuranti con tutti anche con i più vicini, ma la verità è drammatica. Ancora una volta, però, devo ribadire che non posso lamentarmi perché sono stato accolto con affetto e comprensione, dalla mia compagna.


Che tipo di accoglienza ha trovato in Caritas?
Non conoscevo la realtà; dopo alcune esperienze negative, vissute quando mi ero deciso a chiedere un sostegno, mi sono fatto coraggio e mi sono rivolto alla Caritas Diocesana. Ed è stato amore a prima vista! Da allora, non mi vergogno più di ammettere se non ce la faccio, ho da mangiare e posso far fronte al pagamento delle utenze, cammino a testa alta.


E ricambia, a sua volta, con un’azione di volontariato!
Sì. È il minimo che potessi fare. L’aspetto che più mi colpì quando entrai in questo contesto è che i volontari erano sempre gioiosi, aperti, ospitali, capaci di mettere chi era in difficoltà, a proprio agio, che non c’era alcuna mortificazione tantomeno si rinfacciava l’aiuto. Si dona senza avere nulla in cambio. Trovo tutto ciò meraviglioso e così ho dato la mia disponibilità a fare lo stesso.


Com’è cambiata la sua vita? Le manca qualcosa?
In meglio, persino le 350 euro del mio stipendio hanno acquistato valore. Non mi manca nulla.


Cosa invece ha in più da condividere con gli altri?
Ho tanta voglia di donare. Faccio di tutto, nonostante il lavoro, per dedicare del tempo a chi ha bisogno. Ed è un tempo al quale non potrei più rinunciare.


Se potesse fare un appello alle istituzioni?
Direi di trasformare le promesse in fatti concreti, di chiudere quei sistemi clientelari che sono una vera piaga sociale e alle chiese di fare sempre meglio, in termini di ascolto.


Che cos’è la Povertà?

Povertà è la vecchina che ti guarda negli occhi e piange, senza dire nulla. Si ritorna al punto: non tutti hanno la forza di chiedere; per questo ritengo che occasioni di raccolta porta a porta dovrebbero essere più sistemiche, perché sono importanti al fine di agevolare chi non riesce a uscire fuori da un guscio, talvolta molto tragico e senza soluzioni.