povertastorie

Ricorderanno certamente gli attenti lettori del nostro settimanale, quando nelle scorse edizioni ci siamo occupati di povertà.

Un fenomeno che ha cambiato volto, che è finito per sviluppare una sempre maggiore specificità e che ha coinvolto un numero elevato di giovani con istruzione alta, ha colpito famiglie monoreddito e ha di fatto azzerato una intera classe sociale. Le misure per contenerlo sono molteplici, alcune delle quali senza una evidente efficacia. Ci avventuriamo nuovamente lungo la strada delle storie, ascoltando e accogliendo le voci e le testimonianze di chi vorrà proporci la propria esperienza. Riprendiamo dalla signora A.S., in un nucleo familiare di quattro persone, un’abitante del quartiere Bucaletto, una mamma determinata. L’avevamo incontrata nella precedente edizione della nostra inchiesta.


Com’è cambiata la sua situazione familiare?
In peggio. C’è stato un crollo, per così dire. Hanno tolto il vitalizio a mio marito, qualche anno fa vittima di un incidente sul lavoro, con un’invalidità al 16%, causata da ustioni sul corpo. A oggi, il tasso di invalidità per percepire una somma minima è stato portato al 6%. Automaticamente non ne ha più diritto. Io lavoro per poche ore al giorno. Totale delle entrate, per un nucleo di 4 persone (con un minore) è di 440euro/mensili. Per fortuna, le utenze sono suddivise in modo da consentirmi di onorarle. La elettricità va pagata, ogni due mesi, l’acqua ogni quattro e i rifi uti, una volta l’anno. Si fanno sacrifici.


E per il cibo?
Riceviamo un sostegno dalla Caritas diocesana, sia alimentare che per l’acquisto del materiale scolastico per mio figlio.


Ci aveva detto di essere inserita in un percorso di formazione da “aiutante” per altre famiglie nella sua stessa condizione. Come procede?
Seguo stabilmente questa iniziativa. Diciamo che è in continuo divenire. Molta gente ha difficoltà in questo particolare momento, ed è bello potersi sostenere a vicenda.


Ritiene che sia cambiata la stratificazione della povertà?
Assolutamente si. E anche in peggio. E i provvedimenti in tal senso non aiutano affatto, al contrario creano un divario ancora più forte e incomprensibile. Un esempio: la trasformazione della card carburante in social card. Viene fatto un calcolo sulla base dei valori dell’ISEE e dell’ISE. Io ho quello che si definiva Cud, pari a 5.500 euro, un ISEE di 2.200 e l’ISE supera di 100 euro il valore richiesto dal REI. Non rientro per una cifra ridicola. Mi sembra questo un controsenso! Stesso discorso per il diritto alla casa. Pago e ho contratti regolari per tutte le utenze (nonostante un prefabbricato in pessime condizioni). Nelle graduatorie generali il mio nucleo familiare era ai primi posti; in quella attuale, siamo piombati oltre i 600. Quando ho chiesto spiegazioni mi è stato detto che esistono criteri per l’assegnazione di alloggi: dall’essere seguiti da assistenti sociali all’essere ragazza madre o vedova. Non penso ci sia altro da aggiungere.


Cosa sente di dire alle istituzioni?
Di aiutare tutti, seguendo un ordine di giustizia. Intendo dire che anche chi è arrivato da noi adesso, ha diritto a non essere abbandonato, ma che le cose vanno equamente divise, così come gli aiuti. E poi, di fare con urgenza un censimento sui cittadini che ancora vivono nel quartiere Bucaletto. Molte strutture evacuate, sono vuote e abbandonate. Perché non abbatterle e continuare a costruire case vere e proprie da distribuire? Anche a coloro che da 30 anni attendono con pazienza il proprio turno, per poterne usufruire, magari diversifi cando i pagamenti, secondo il reddito.


Come giudica la sua vita oggi?
Tutto sommato, sono una persona tranquilla. Penso sempre a chi sta peggio di noi. Io ho una famiglia, che nel bene e nel male incontro ogni giorno, con cui parlo e mi confronto. Il vero problema è di chi non ha nessuno. A chi è solo, tutto deve sembrare più triste.


C’è qualcosa che le manca?
A me, personalmente, nulla. Ai miei figli, invece, una casa. Si era riaccesa una speranza, quando nella precedente selezione, eravamo tra i primi ad averne diritto. I ragazzi sognavano una cameretta, uno spazio più grande in cui abitare. Quando mi chiedono perché non possiamo andarci, non riesco a dare una risposta e ciò è sconfortante.


C’è invece qualcosa che abbonda e che sente di condividere con il prossimo?
Il tempo! Anche se sono affaticata, dopo intere giornate a cercare di sbarcare il lunario, mi dedico agli altri, cercando di strappare a tutti un sorriso.


Che cos’è la Povertà?
Ho imparato che la povertà non la fanno i poveri, ma chi con loro interagisce. Te ne accorgi dai pregiudizi, da come si è discriminati quando si fa la spesa, piuttosto che per il modo in cui si è vestiti. Povero è chi ti fa sentire tale!