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L’uomo del giorno in Basilicata è lui, perché ha fatto il botto. Poco da fare. Pasquale Pepe, sindaco di Tolve, eletto senatore nella Lega di Salvini con più di 20mila preferenze, incarna un fatto storico senza precedenti. Lui lo sa (afferma di averlo nasato con largo anticipo), e c’è da presagire che sarà corteggiatissimo in vista delle prossime elezioni regionali e amministrative. C’è un nuovo sceriffo in città? Forse sì e forse no, ma intanto nel saloon –fra un boccale “gelato” e l’altro- tutti ne parlano.


Come giustifica la sua esistenza?
E’ una domanda che non ha una risposta. Posso dire che lo scopo che do alla mia vita –al di là degli affetti familiari- è cercare di dare delle risposte alla mia comunità.


«Ti candidi con la Lega? Ma sei impazzito?». Qualcuno gliel’avrà pur detto.
(Sorride). In tantissimi.


E lei cosa rispondeva?
Che, sin dal primo istante, la mia era stata una scelta consapevole. Primo, perché credo in questo nuovo corso della Lega; secondo, perché, dal punto di vista meramente elettorale, sapevo che si poteva vincere. Insomma c’era sia adesione al progetto in sé, sia attrazione per la sfi da. Che la Lega, col suo progetto forte e innovativo, potesse dare una risposta all’“onda lunga” del dissenso che stava montando in Basilicata, l’avevo percepito subito. Poi, ovviamente, te la giochi.


Sua moglie cosa le ha detto?
Davanti a quella scelta forte, sulle prime ha avuto anche lei un minimo di apprensione, ma mi ha seguito senza incertezze.


In che percentuale questa sua elezione è: a) una vittoria del programma della Lega; b) una sconfi tta del Pd; c) un voto “di pancia” dei lucani scontenti?
Vuole i numeri? Direi che tutti e tre i fattori sono al 30%. Si incrociano: la Lega ha dato progettualità, intercettando il dissenso dei cittadini, generato dal fallimento del Centrosinistra. Questo fallimento si è innescato su due fronti: sulla preservazione del voto clientelare e sull’incapacità di governo. In poche parole: hanno dimostrato di non saper governare.


E’ stato un voto “contro” i fratelli Pittella?
Questo tratto familistico ha avuto la sua incidenza, ma non è stato il fattore determinante. Per farla breve: la gente è stanca del malgoverno. La gente sta male. Certo, questi balletti inter-familiari stressano ancora di più chi è già sfiancato dalla cattiva politica, ma a noi Lucani mancano i servizi essenziali. Vogliamo parlare di viabilità? Di trasporti? Di servizi sociali? Di sanità? Qui facciamo notte.


Devo tornare in redazione.
La gente si è rotta perché le opportunità noi ce le abbiamo: petrolio, acqua, mare, monti… nel Metapontino potremmo godere di un turismo marittimo di alto livello, ma siamo ancora bloccati dall’incapacità di difendere le nostre coste. Allora ditelo, che le cose non le volete fare.


Non ritiene che la vostra posizione sul tema migranti sia stata decisiva?
Certo, ci opponiamo all’invasione incontrollata. Mi spiego. Noi siamo favorevoli all’accoglienza di coloro che scappano dalla guerra –sia chiaro- ma non dei migranti “climatici”, che è un’invenzione recente. La Basilicata è martoriata dallo spopolamento, e qualcuno ha semplicisticamente pensato di poter sostituire i lucani andati via con gli immigrati. L’Europa, dal canto suo, non può e non deve scaricare la questione su di noi, che siamo la porta del Mediterraneo. C’è poi tutto un lavoro da fare sulle relazioni internazionali: evitare i conflitti alla radici, e cercare di aiutare chi a casa sua non sta bene. Aiutarli lì.


Parlava dei migranti “climatici”.
Meritano il massimo del rispetto e dell’ascolto, ma se uno vive male nel suo Stato a causa del clima, va aiutato in loco. Non è possibile accoglierli tutti, proprio fisicamente.


A Tolve immigrati non ce ne sono.
Zero. E’ stata una mia posizione netta, manifestata al Prefetto. Poiché la Regione ha moltiplicato le quote con la compiacenza di alcuni sindaci e dell’Anci, io ho detto che ne avremmo riparlato solo quando quegli stessi sindaci avrebbero preso il massimo delle quote di immigrati e i loro comuni sarebbero stati saturi. In quel caso, la mia eventuale disponibilità sarebbe stata comunque sulle quote minime.


Ma non è che questa vittoria locale trasformerà lei a la Lega in “assopigliatutto”? Tito Di Maggio è ormai dei vostri e si è già parlato spesso di un De Luca prossimo a diventare leghista, con relativa “ipoteca” sulle prossime elezioni comunali.
Naaa… questo genere di indiscrezioni -Dario nella Lega e io candidato Governatore sono tutte cose che sconosco e disconosco. E’ cronaca politica che lascia il tempo che trova.


Ma allora si chiamerà fuori dalle regionali?
Non ho detto questo, bensì che è una cosa che oggi non è all’ordine del giorno e che comunque non posso decidere io da solo. Se un domani, fra diecimila condizioni, si dovesse ritenere indispensabile la mia candidatura, un mio sacrificio, io non posso e non devo tirarmi indietro. Come dicevo, però, adesso non è questa la priorità, quanto creare una coalizione di centrodestra che vada oltre i propri confini, che si allarghi al mondo civico, e che metta in lista persone radicate sul territorio -che abbiano consenso e idee chiare- per dar vita a un programma in grado di risollevare la Basilicata.


Ma adesso lei come riuscirà a fare sia il sindaco di Tolve sia il senatore a Roma?
Mi dividerò fra il mio paese e la Capitale. Nei giorni in cui non ci sarò, al Comune lavoreranno, moltiplicando le forze, i miei collaboratori. La mia assenza non si sentirà: ho una squadra ben assortita e con esperienza, a cominciare dal vicesindaco.


Mettiamo che il primo giorno a Roma lei incontra un collega grillino che le dice: «Tagliati lo stipendio anche tu!». Lei come risponde?
Che non avrei difficoltà a farlo, considerato che secondo me le indennità vanno riviste. Tra l’altro, io non ne conosco l’entità.


Cioè non sa quanto prenderà?
Non mi sono candidato per questo. Ho un rapporto molto minimalista col denaro. Comunque, la questione è che chi va in quei palazzi deve LAVORARE. E poi, tanti benefici e tanti privilegi –che non conosco ancora nel dettaglio- vanno eliminati. Io a Roma andrò a fare il lavoratore e non il turista. Vengo dalla gavetta: sono figlio di operaio e casalinga e l’università me la sono pagata da solo.


Con questa sua elezione quanti nemici si è fatto?
(Ride). Non li ho contati.


In Politica in effetti non si parla più di “avversari”…
Certo, perché c’è gente che ha ricoperto ruoli senza avere “un’anima” politica.


E i leccaculo? Si sono già visti?
Qualcuno sì, è già spuntato.


Facciamo il gioco dei nomi: un uomo, una definizione. Gianni Pittella.
“Trito e ritrito”.


Marcello.
“Incastrato”.


Gianni Rosa.
“Incazzato”.


Caiata.
“Entusiastico”.


Copio da Marzullo: si faccia una domanda. E si dia la risposta.
Perché ho vinto le elezioni? Perché la volontà dei cittadini conta ancora.


Non è vero che i Lucani non contano un cacchio?
Proprio così.


Senta, ma in tutta sincerità, se dieci anni fa una maga le avesse predetto che sarebbe diventato senatore nella Lega, cosa le avrebbe detto?
Le avrei dato della matta, allo stesso modo di quelli che fino a ieri hanno chiamato pazzo me.


Ma perché se n’è uscito da Fratelli d’Italia? Lei è stato anche assessore con De Luca… a Potenza.
Dato che ho rispetto di quel partito e di chi c’è dentro, la mia cultura mi impone di non rivelare i motivi di determinate scelte. Uno però glielo voglio dire: a me ha affascinato la “visione” maggioritaria della Lega, quella di voler “sfondare” e raggiungere il 20%, e non quella di FdI, partito pregevolissimo, ma che è rimasto di nicchia.


Non ci hanno voluto provare veramente?
Non saprei. Forse alla base c’è anche un motivo “romantico”, rispettabilissimo. Come dicevo, io invece sono stato attratto dalla sfida...


…e Salvini…
…a Milano, quando mi ha chiamato davanti a tutti gli altri eletti, ha chiesto un applauso speciale per la Basilicata. Non lo ha fatto per tutte le regioni. Questo mi basta, perché è un attestato di stima notevole.


E un posto da sottosegretario no?
No, non ne abbiamo proprio discusso. Qualsiasi ipotesi del genere adesso è fuori dalla grazia di dio.


Lo sa però che adesso lei ha anche il compito di tenere sotto stretta sorveglianza Salvini?
Sì… anzi no, “sorvegliare” no. Ho il compito di assicurarmi che la Lega riservi al Sud la stessa attenzione del Nord. Questo sì, e lo so benissimo, è un incarico affidatomi da 20mila Lucani, che hanno creduto nel nuovo corso della Lega e che hanno votato me. La mia preoccupazione principale sarà quella di non deludere i miei conterranei.


A Tolve c’è stato un mezzo plebiscito.
Una simbiosi affettiva che quasi non mi aspettavo.


Il film che la rappresenta?
Mi è sempre piaciuto “Braveheart”.


La canzone?
“A mano a mano” di Rino Gaetano.


Il libro?
“I ragazzi della via Pal”.


Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
«Un figlio del popolo che ha migliorato le sorti del suo popolo».


A che percentuale si trova di quest’impresa?
Al 20%.