pranzoMESSINA

In una regione affollata di presenzialisti da convegno e di maniaci del selfi e (quelli che fanno anche centinaia di chilometri per uno scatto col vip di turno), lui è uno che appare poco. Preferisce lavorare e portare a casa il risultato. E nel suo punteggio ormai ne annovera diversi. Rocco Messina, potentino, cinquant’anni fra un mese, è regista (cinema e teatro), sceneggiatore, compositore. In unica parola, un “autore” professionista, in questo terra in cui ormai- siamo tutti scrittori, poeti, pittori, registi… e giornalisti.


Come giustifica la sua esistenza?
Ho sempre messo al primo posto la mia famiglia. Certo, ho fatto il mio primo disco a 19anni (un 45 giri), ma non sono mai stato alla caccia spasmodica della fortuna. Ho preso quello che è venuto (per sette anni, già trentenne, ho fatto anche il commesso in un negozio di elettrodomestici), ma poi sono venuti i videoclip importanti, l’inizio della collaborazione con una grossa casa di produzione, il lavoro con La Ricotta e con Mudù di Uccio De Santis...


Insomma, è un tipo molto “concreto”.
A Potenza, insieme ad Antonio Gerardi (che fa l’attore), sono uno dei pochi che davvero fa un certo tipo di mestiere, a un certo livello. Però, ripeto, per me è sempre la SECONDA attività.


Lei ha fatto il primo 45 giri da ragazzo, ma poi, nel 1993, venne il “mitico” cd “Biango Ricotta”, scritto da lei, e cantato da La Ricotta. Molti lo ricordano ancora oggi.
Sì, quel disco servì a lanciarli oltre i confi ni di Potenza, perché in altre parti della regione non li conoscevano. Fu un disco trasmesso a manetta da tutte le radio locali, che all’epoca avevano molta infl uenza, molto più di oggi.


I testi li scrisse tutti lei? Come nacque la famosa “hit” su Giarrossa?
Io scrissi tutte le musiche e metà dei testi. Il pezzo su Giarrossa nacque da una mia idea su un tizio che va alle giostre, e poi Mario Ierace improvvisò il famoso refrain, «Com’è bella Giarrossa di notte», per poi buttare giù il testo defi nitivo con Isabella Urbano. Come autore, in generale, mi sento sempre un soldato, so bene che devo essere al servizio di chi m’ingaggia. Recentemente ho composto brani per Agostino Gerardi e per i Babalù.


Quando c’è stato il “passaggio” al cinema?
Da bambino, mentre gli altri giocavano ai soldatini tirandoseli addosso, io mi mettevo in Un angolo a scrivere “la sceneggiatura” di quelle battaglie immaginarie. Questo per dire che autore ci sono nato, e di soggetti ne ho sempre scritti, ma rimanevano nel cassetto, perché –prima dell’avvento del digitale- non si aveva a disposizione i mezzi necessari. Poi le cose sono cambiate. E poi, ho avuto anche fortuna: un fi lm di prova, fatto in quattro e quattr’otto per amici e parenti, mi ha cambiato la vita. Si tratta di “Eccheccevò”, che tramite YouTube divenne il cortometraggio a costo zero più cliccato d’Italia: ne scrissero il Sole 24 Ore e La Repubblica. Quel corto mi ha aperto tante strade. Dopo undici anni dal famoso disco, infatti, nel 2004 ho ripreso a lavorare con La Ricotta, che a quel punto erano ormai conosciuti dappertutto e pluripremiati. Ho poi fatto documentari, spot, cortometraggi, videoclip per 99 Posse, Nino Buonocore, Edoardo Vianello…


Quelli de La Ricotta sono arrivati addirittura a “Zelig”, ma poi la loro parabola non è andata oltre, insomma, non sono “esplosi”. Secondo lei perché? Forse in Italia c’è troppa infl azione di comici. A un centro commerciale di Pontecagnano ho visto un cabarettista di “Colorado” che fa il cassiere…
Se è per questo io ho visto cabarettisti napoletani, straordinari, che nella vita guidano il tram o fanno gli infermieri.


La Ricotta e altri però sono andati alla ribalta nazionale…
Sì, ma ci vuole anche fortuna. Ai tempi dei giovani Verdone, Troisi o Nuti, in tv non ti chiedevano di fare sempre la stessa cosa. A La Ricotta, che ha un repertorio molto vasto, invece chiedevano di insistere sempre sul tormentone di “It’s Ok, it’s Ok”(la gag della “Scuola d’Inglese”). Alla fi ne, loro malgrado, ha stancato. Ma non è un loro demerito: volevano variare, ma non gli hanno fatto fare altre cose.


Qual è una gag famosa del trio che ha scritto lei?
La “Scuola di Potentino”, la versione “nostrana” della gag sull’Inglese. Lo schema iniziale fu una mia idea, anche se -nella parte con le parole che, in dialetto, non sono parolacce, ma assolvono a usi e signifi cati “universali”- a “cazz” io avrei preferito il termine “culo”. In ogni caso, si tratta di uno schema aperto, come il famoso brano “Quelli che…” di Enzo Jannacci. Il fatto risibile, però, è che poiché questo mio testo è stato rifatto in molti dialetti, spesso mi arrivano via whatsapp le solite catene di sant’Antonio con questi video: ma chi me li manda non sa che sono io l’autore (anche se non il solo) della gag originale.


Perché poi si è interrotta la sua collaborazione con La Ricotta?
Tutti gli artisti (altrimenti non sarebbero tali) sono in grado di scriversi i testi da soli, ma dopo un po’ c’è bisogno di un autore, come me, che porti un po’ di “benzina”. Tuttavia, è quando ti esibisci dalle tue parti –dove le tue battute sono conosciutissime- che hai veramente bisogno di rinnovare il repertorio; quando invece giri per l’Italia, ti puoi limitare ai tuoi vecchi cavalli di battaglia, laddove non sono infl azionati. Ne deriva che gli autori come me, chesono come gli allenatori, devono andare dove trovano lavoro. Inoltre, avevo delle cose mie di cui occuparmi.


Tra i lavori che ha fatto, un cortometraggio è stato in lizza per il David di Donatello…
Si “Il Canto degli Asinelli”.


…ma ha mai avuto rapporti con la Lucana Film Commission?
No, perché non voglio essere complice di questo mondo che va al contrario. E’ un discorso a livello nazionale. Le istituzioni mettono dei soldi a disposizione di chiunque voglia fare qualcosa, e non di chi ha delle IDEE VALIDE: pertanto, anche chi è uno sprovveduto, si presenta per prenderli, magari a discapito di altri. Si va lì con la mano tesa, insomma. La Lucana Film Commission, come le altre, nasce come un ente che VENDE un servizio, piuttosto che comprarlo. Ci sono Film Commission, come quella del Lazio e del Trentino, che promuovono fi lm girati anche altrove, diventando così produttori: accontentano tutti, facendoli diventare “tutti” registi. A me dispiace che non ci sia un solo fi lm prodotto dalla Commission lucana che poi abbia avuto un vero riscontro.


… e “Un paese quasi perfetto”, quello girato a Castelmezzano?
Attenzione, quello è un fi lm della Cattleya, che dunque avrebbe dovuto PAGARE per fare questa cosa, secondo me. Infatti, per l’occasione, la Cattleya mi ha chiamato perché trovassi delle comparse: ma ciò è avvenuto per mie conoscenze dirette, non per tramite della Film Commission.


Su quel film ci sono state tante polemiche, circa la maniera con cui è stato presentato il popolo lucano. La Film Commission ha contribuito a finanziare quel prodotto…
Le Film Commission hanno questo tipo di narcisismo: ogni cosa va bene, purché ci siano dentro loro. Tra l’altro, quello è un remake di un fi lm canadese, “La grande seduzione”, ambientato in un isolotto, la cui popolazione vive lontana e distante dal resto del Paese. Riadattare questa cosa in Basilicata, in un paese vicino Salerno, Matera, Cosenza, non è più credibile, è una forzatura. Sia chiaro, ognuno è libero di fare ciò che vuole. Io divido i fi lm in sole due categorie: per me c’è il film comico, e tutti gli altri. Il fi lm comico, alla “Stanlio e Olio” è fatto per ridere, gli altri fi lm devono essere credibili.


Il film di Papaleo era credibile?
Abbastanza credibile, con qualche forzatura.


Quando invece Papaleo fece lo Spot ENI, cosa pensò?
So che era stato avvisato del possibile “massacro”, ma mi risulta che abbia risposto «Scusate, ma il mio lavoro è questo, non un altro». Non lo voglio giudicare, non so come mi sarei comportato io. Probabilmente, io che non mi faccio dare neanche 10mila euro dalla Film Commission, non avrei accettato. Ma sono scelte personali.


Quindi i soldi dalla Film Commisison lei non li vuole?
Non è che non li voglio, ma chi fa questo lavoro, non può fare le cose “tanto per”. In presenza di un’idea forte, che possa piacere davvero alla Film Commission, il loro contributo lo vorrei, anzi, dovrebbe essere anche il fi nanziamento giusto”, perché ricevere solo un minimo, tanto per fare le cose arrangiate, non è professionale. Spesso, però, in molti si accontentano; nei fi lm che ho visto ho notato più che altro una povertà di mezzi. Ma per uno della mia età e a questo punto della mia carriera, che senso ha fare un prodotto di serie B?


A quale politico lucano farebbe fare un fi lm perché ha una faccia da attore?
Sono tanti i volti forti cinematografi camente. Di Pittella mi piace la voce, Tanino Fierro è stato un bel personaggio, interprete della politica vecchio stampo. Anche Gigi Scaglione potrebbe fare un fi lm.


Gigi ha la faccia da attore?
Noi ci aspettiamo sempre che l’attore sia bello, ma il volto da caratterista è un’altra cosa.


Qual è il personaggio che -nella vita reale- l’ha fatta più ridere?
Mio padre. Ci fa morire con le sue uscite, ha dei tempi comici straordinari. La carica comica l’ho ereditata da lui.


Una cosa che la “fa ridere”, a proposito della Basilicata e di Potenza?
Lo scetticismo dei potentini, che tendono sempre a pensare che le cose sono fuori dalla nostra portata. Spesso –a me che sono un tipo riservato- capita di incontrare qualcuno che mi dice “Uagliò, mi devi scusà, non sapevo che eri tu a fare quella cosa. Complimenti!!!”. Come per dire “Ho sempre pensato che fossi un imbecille”. Inoltre, vanno bene le tradizioni, ma perché non è mai stata fatta una cosa seria per spiegare la storia di San Gerardo? Perché, da potentino, io non la so.


Nessuno la sa…
Magari la si spiega nelle scuole, e così durante la Parata dei Turchi, piuttosto che pensare all’amico che sfi la, si comprende il senso di una cosa che attira molte persone. e poi, perché bisogna sempre parlare di briganti? Ultimamente ho fatto un documentario su un avvocato di Albano di Lucania, Francisco Netri, che in Argentina è diventato un “Che Guevara” dell’agricoltura, ammazzato a 43 anni in quanto personaggio scomodo. Qui nessuno conosceva la storia di questa persona, inoltre, nel fare questa ricerca su di lui, mi sono informato anche sulla storia dei morti in Basilicata per le lotte contadine, facendo delle interviste ai discendenti. Ho studiato una volta per tutte la storia dei briganti, facendomi una mia idea. Questo fatto di raccontarli sempre “romanticamente” … penso che prima o poi dobbiamo anche uscire da questa cosa…


Il fi lm che la rappresenta?
“Balla coi lupi”. ha molto a che fare con la forza di volontà e con l’impegno. E quindi con me e il mio lavoro.


La canzone?
“La leva calcistica del ‘68”, di De Gregori. Io stesso sono del ’68, ero un calciatore, e giocavo con la numero 7…


Il libro?
“Un calcio in bocca fa miracoli”di Marco Presta. In questo momento della mia vita, mi sta particolarmente a cuore.


Tra cent’anni cosa vorrebbe ci fosse scritto sulla sua lapide?
Dimmi che sono un pessimo regista, lo accetto, dimmi che non sono una persona perbene, ti spacco la faccia. Perciò: «Era nu brav uagliò».